Neonati scomparsi, caso riaperto in Slovenia: «Dati per morti e in realtà venduti»

LUBIANA Si riapre con forza il caso “nestale bebe”, i neonati che sarebbero scomparsi da ospedali dell’allora Jugoslavia, dati per morti, in realtà venduti da medici e infermieri in quello che, negli anni scorsi, è apparso come uno dei misteri più torbidi mai registrati nella regione, anche se finora non corroborato da prove concrete.
Caso che negli anni passati ha scosso in particolare la Serbia ed è ora tornato d’attualità grazie a una decisione dell’Assemblea nazionale in Slovenia, che ha ordinato di avviare un’indagine parlamentare, fortemente voluta dall’opposizione, per far luce su quella che è comunque una vicenda straziante.
«Nel cosiddetto traffico di bambini, andato in scena in particolare negli Anni Settanta e Ottanta nell’ex Jugoslavia, più di 20 mila neonati sarebbero stati venduti», ha così affermato il deputato dell’Sds dell’ex premier Jansa, Andrej Hoivik, a nome dei sostenitori dell’iniziativa parlamentare, l’Sds appunto e il partito di opposizione Nuova Slovenia (NSi). Secondo associazioni slovene che tutelano i diritti dei genitori, i casi di “nestale bebe” in Slovenia sarebbero state circa 60. Come in Serbia – e in altri Paesi, Bosnia e Macedonia – i genitori sarebbero stati ingannati consapevolmente in ospedale, facendo loro credere che i neonati sarebbero morti al momento del parto, senza che i corpi tuttavia fossero mai riconsegnati alle famiglie per essere degnamente sepolti. Da qui i sospetti delle famiglie. Invece, i bebè sarebbero nati sani e venduti a compratori ancora oggi ignoti.
«Vogliamo aiutare le famiglie che soffrono», decenni dopo, «e che vogliono si faccia chiarezza» definitiva sui presunti casi di sparizione dei bambini appena nati, ha spiegato da parte sua Aleksander Rebersek, di Nuova Slovenia. Sulla stessa linea anche i Socialdemocratici (Sd), parte della maggioranza di governo, in questo caso schierati con le opposizioni. «Il nostro dovere è quello di dissipare i dubbi dei genitori, permettendo loro di raggiungere la verità», anche facilitando l’accesso alla documentazione degli ospedali, ha specificato da parte sua Predrag Bakovic, parlamentare dell’Sd.
Sul fronte opposto, il Movimento Libertà del premier Golob, che ha sostenuto che i parlamentari non avrebbero la capacità «per dare un contributo a un’inchiesta su potenziali crimini». Inoltre, il tema è così «sensibile e doloroso» che non spetta al Parlamento decidere su esso, ha sostenuto Lena Grgurevic, del partito di Golob. Sulla stessa linea anche Levica (Sinistra), sempre al governo.
Cercare di «raccogliere consensi politici su temi sensibili come la perdita di un neonato è inumano e disastroso per le persone colpite» dalla tragedia, il ragionamento della deputata Tatjana Greif, che ha ricordato che il governo aveva già offerto aiuti, tra cui test del Dna, alle famiglie interessate. Critico si era dimostrato anche lo stesso premier Golob, che aveva rivelato che 45 dei 59 sospetti casi di “nestale bebe” in Slovenia sarebbero in realtà già stati chiusi, mentre solo 14 sarebbero quelli ancora irrisolti.
Il tema ha ripreso forza negli ultimi anni, in particolare in Serbia, dove una legge del 2020 ha regolato il processo per determinare il destino dei bebè ritenuti tolti dolosamente ai genitori negli ospedali serbi. A tener alta l’attenzione, anche il film “Stitches”, premiato alla Berlinale, una pellicola che ha spinto molti genitori a farsi avanti per cercare quelli che loro pensano essere i propri “figli rubati”. —
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