Mondiali in Qatar, bandiera serba ritoccata in spogliatoio: indagine della Fifa dopo la protesta di Pristina
E il portiere del Canada, fuggito da Knin nel 1995, viene preso di mira dai tifosi croati

BELGRADO
Non solo furiose polemiche internazionali sul mancato rispetto dei diritti dei lavoratori migranti, delle donne e della comunità Lgbt. I Mondiali in Qatar si stanno trasformando in un’arena anche per controversie prettamente balcaniche. Lo conferma la diatriba sull’asse tra Serbia e Kosovo.
A riaccendere l’ennesimo scontro sul calcio tra Belgrado e Pristina, una bandiera che è stata osservata nello spogliatoio degli “Orlovi”, la nazionale serba, in occasione dello sfortunato esordio contro il Brasile. Bandiera, si è visto in una foto diventata virale, che includeva nella mappa della Serbia il Kosovo dipinto con il tricolore di Belgrado. E la scritta «nessuna resa», ovvero mai riconoscere l’indipendenza unilaterale di Pristina. Messaggio politico, lanciato dalle star serbe del calcio, che è stato denunciato con veemenza dalla leadership kosovara. Si tratta di «immagini disgraziate, che diffondono odio e messaggi xenofobi e di stampo genocidario», ha caricato a testa bassa il ministro kosovaro della Cultura e dello Sport, Hajrulla Ceku. Ne è seguito un turbinio di attacchi sui social da parte di internauti di etnia albanese, che hanno chiesto «alla Fifa di vietare i messaggi sciovinistici serbi». Alcuni si sono spinti ad accusare Belgrado di «chiedere un genocidio contro il Kosovo durante i Mondiali», mentre tanti tifosi serbi hanno invece detto di aver molto apprezzato il vessillo.
Non ha gradito, intanto, la Federcalcio di Pristina, ormai membro a tutti gli effetti di Uefa e Fifa, che ha presentato denuncia alla Fifa per il «comportamento aggressivo» dell’omologo serbo della Figc. «Il comitato disciplinare Fifa ha aperto un’indagine contro la Federazione serba per la bandiera esposta in spogliatoio», è stato annunciato ufficialmente, anche se il risultato dell’inchiesta – e le eventuali punizioni – non sono ancora noti.
È nota invece un’altra vicenda, che sta facendo molto discutere questa volta in Serbia e in Croazia. Protagonista, suo malgrado, Milan Borjan, portiere della Stella Rossa di Belgrado e della nazionale canadese. Borjan, di etnia serba, è originario di Knin, da cui la sua famiglia fu costretta a fuggire nel 1995, quando il portiere aveva 7 anni, durante l’Operazione Tempesta, orgoglio per la Croazia, onta dolorosa per i serbi. Ed è stato preso di mira dai tifosi croati durante Croazia-Canada, con cori più che offensivi per «il serbo». E poi con un altro striscione che ha fatto scalpore e che recitava «Nessuno scappa come Borjan, Knin 95». La risposta dell’ultimo difensore serbo-canadese? Il saluto serbo a tre dita, all’indirizzo della curva croata.
Nel frattempo, cresce l’attesa per Serbia-Svizzera, match che potrebbe riproporre tensioni già osservate in passato e provocazioni reciproche, tenuto conto che nella nazionale di Berna giocano due star nate in Kosovo come Xhaka e Shaqiri, “colpevoli” di aver creato il caos durante una partita proprio contro il team serbo facendo agli avversari il gesto dell’aquila albanese. Il calcio resta legato a stretto filo alla politica, nei Balcani, anche nelle trasferte mediorientali
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