Mega-miniera di litio in Serbia: Rio Tinto congela il suo progetto
Riorganizzazione del gigante anglo-australiano che comunque «resta nel Paese». I contras esultano

Non è una ritirata a tutti gli effetti, ma sicuramente un “congelamento”. Che fa gioire i tantissimi oppositori del progetto, anche se alcuni avvisano che potrebbe trattarsi solo di una mossa in chiave elettorale. Di certo, è uno stop a sorpresa. Che farà discutere. Stop temporaneo che riguarda il cosiddetto “Progetto Jadar”, la mega-miniera di litio e boro che dovrebbe essere aperta nella Serbia occidentale, progetto da quasi tre miliardi del colosso minerario anglo-australiano Rio Tinto.
L’iniziativa, ricordiamo, ha provocato massicce proteste di piazza nel Paese, negli ultimi anni. A che punto è la notte, nello Jadar? Pare profonda. È quanto ha svelato l’agenzia Bloomberg che, citando un memo interno del braccio serbo di Rio Tinto, ha affermato che il progetto Jadar sarebbe stato messo in stato di «care and maintenance» (cura e manutenzione, nda), nell’ambito di una più ampia riorganizzazione del gigante minerario, che dovrebbe ora focalizzarsi e dare priorità a «opportunità a breve termine».
La giustificazione della decisione andrebbe ricercata nel fatto che sarebbe mancata la giusta velocità «nel processo relativo alla concessione dei permessi» e dunque Rio Tinto non sarebbe più «nella posizione di mantenere lo stesso livello di costi e allocazione di risorse» attuali per lo Jadar. Bomba, quella lanciata da Bloomberg, che ha deflagrato con gran rumore in Serbia, Paese dove le autorità al potere, sostenute dalla Ue “affamata di litio”, hanno definito più volte strategica la futura miniera, definizione in linea con la posizione di Bruxelles.
Rio Tinto è dunque stata costretta a precisare che non si tratta di una fuga e che il colosso, odiatissimo dalla piazza, «rimane in Serbia e continua a ritenere che lo Jadar sia un deposito di eccezionale qualità, con il potenziale per uno sfruttamento a lungo termine» e le caratteristiche per giocare un ruolo-chiave «nella transizione energetica della Serbia e dell’Europa». Ma se di ritiro non si può parlare, di congelamento sì. «La priorità dell’azienda è ora quella di mantenere i diritti legali sul progetto» e nel prossimo periodo Rio Tinto si concentrerà «nel sostenere i nostri dipendenti nel processo di transizione», ha precisato l’impresa.
Di certo, ci sarebbero ragioni di festeggiare, almeno sull’ampio fronte degli oppositori del progetto Jadar, scesi in strada nel 2021 con blocchi autostradali e massicce manifestazioni, che hanno prodotto un primo congelamento dello Jadar, poi “resuscitato” da Belgrado nel 2024. L’ultima mossa di Rio Tinto è «un altro passo verso la vittoria», ha così esultato il movimento Kreni Promeni, da sempre anima delle proteste contro lo Jadar, una lettura condivisa da molti, sui social in Serbia. Rio Tinto, ha confermato Kreni Promeni, di certo non se va dalla Serbia, ma «hanno congelato il progetto.
«Una battaglia è stata vinta, ma la guerra continua», la promessa degli attivisti. Circolano però anche versioni discordanti, nel fronte del no. «Si cerca di dare l’impressione che il progetto sia stato bloccato e così sarà raccontato sui media di regime, ma questo per me è il segnale che le elezioni» anticipate «sono vicine», la lettura di Nebojša Petković, dell’organizzazione “Ne Damo Jadar”. Sulla stessa linea anche Aleksandar Jovanović Ćuta, leader di “Ekološki Ustanak”, che ha detto di «non credere che nessuno rinuncerà al litio serbo», oro bianco che fa gola a mezzo mondo. —
Riproduzione riservata © il Nord Est






