L’ex premier Janša spacca la Slovenia: «La situazione si fa seria: armatevi»
Il leader conservatore a capo del partito d’opposizione Sds, in risalita
nei sondaggi, ha evocato i rischi tra migrazioni e terrorismo. La replica delle forze della coalizione di governo: «Messaggi totalmente irresponsabili»

LUBIANA Il mondo brucia, tra vecchie e nuove guerre, migrazioni, evocazione del rischio terrorismo. La soluzione: armarsi, tutti, perché il dovere di garantire la sicurezza non riguarda solo esercito e polizia, ma anche i privati cittadini.
È la controversa teoria, che sta sollevando un enorme polverone in Slovenia, su cui sta puntando in questi giorni il “Maresciallo Tweeto”, com’è soprannominato l’ex premier conservatore Janez Janša, oggi leader del maggior partito d’opposizione a Lubiana, l’Sds. Ed è proprio dal fu Twitter, oggi X, che Janša ha lanciato la sua nuova provocazione, spaccando il Paese e indignando l’attuale classe politica al potere. Il messaggio, univoco e ripetuto più volte: «Le cose si stanno facendo serie, armatevi, legalmente», ha twittato Janša con un vero e proprio appello pubblico agli sloveni ma soprattutto ai suoi sostenitori.
La chiamata discende da varie cause e contiene molteplici rimandi. Sarebbero infatti le armi la soluzione a un presunto rischio radicalizzazione in Slovenia, come suggerisce un primo post dell’ex premier, ispirato da un video di manifestanti filo-pastinesi scesi in piazza nel centro di Lubiana la settimana scorsa, alcuni urlando «Allah Akbar».
Ma Janša non si è fermato. In un nuovo lungo post ha elaborato il discorso, deprecando chi crede che il governo sia in grado «di proteggere la Slovenia e i cittadini in caso di attacchi terroristici». Non lo sarebbero, anche perché impreparati. L’esecutivo «da giugno ha rifiutato le richieste dell’Sds di convocare il Consiglio di sicurezza nazionale» alla luce dell’aumento dei flussi di migranti e dei «rischi alla sicurezza» e invece «ha abbattuto la barriera» al confine con la Croazia, ha accusato Janša. «Ora, nel panico, ripristinano i controlli di frontiera», mentre la polizia sarebbe relegata a «trasportare migranti» nei centri di accoglienza, invece che a «prevenire» gli ingressi illegali, si legge nel lungo post di Janša.
Ma non è solo la Slovenia a essere in pericolo, bensì «l’area euro-atlantica» nel suo complesso, messa in difficoltà «dalle azioni malvagie di Mosca» ma soprattutto «dalla pressione migratoria che distrugge il nostro stile di vita e rafforza nuclei pro-terroristici nelle metropoli europee, inclusa Lubiana». Oggi sarebbe così come nel 1991, quando «solo il 15% degli sloveni diceva di attendersi un intervento armato dell’esercito federale jugoslavo». Bisogna invece tenersi pronti per nuove minacce, soprattutto perché «le autorità non sono nemmeno remotamente capaci di agire per tempo». Per questo, continua l’ex premier sloveno, non va dimenticato che «tutti hanno il diritto e sono obbligati» a «proteggere la propria famiglia e il Paese». E poi di nuovo l’ormai celebre «armatevi, legalmente».
Celebre ma inviso a molti, in Slovenia. Persino la polizia ha reagito alle parole di Janša, ricordando di essere pienamente in grado di garantire la sicurezza. Frasi del genere «vanno prese con estrema serietà, perché possono causare tensioni e incitare alla violenza», ha ammonito da parte sua la presidente della Repubblica slovena Nataša Pirc Musar. Frasi che sono «come minimo sconsiderate e di cattivo gusto se non una minaccia all’apparato di sicurezza in Slovenia», ha fatto eco la ministra degli Esteri, Tanja Fajon, mentre la Sinistra ha accusato Janša di soffiare sul fuoco di una caccia alle streghe «contro chi è diverso». Sulla stessa linea anche i leader della coalizione di governo, che hanno bollato come «pienamente irresponsabili» i messaggi di Janša, mentre il premier Robert Golob ha ricordato che fare incetta di armi è quantomeno «problematico». Ma il Maresciallo Tweeto ieri ha continuato sulla stessa strada, forte dei sondaggi che vedono il suo Sds in forte risalita.
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