Le autorità di Sofia “sfrattano” l’omaggio all’Armata rossa. Scatta la protesta
Rivolta bipartisan per mantenere il monumento nella sede originaria. In campo militanti di estrema sinistra e ultradestra. Intellettuali divisi

BELGRADO. In un’epoca lontana, quella della Guerra fredda, fu un monumento maestoso e intoccabile, simbolo visivo dell’incrollabilità di un regime all’epoca potente e dei suoi legami con l’Urss. Trascurato dopo il 1989, negli ultimi decenni si è trasformato invece in un’opera scomoda, spesso utilizzata come medium per proteste che hanno fatto il giro del mondo. E soprattutto in un retaggio di un passato da rimuovere, soprattutto alla luce dell’aggressione russa all’Ucraina. Ma non tutti sono d’accordo e in tanti, dalla sinistra estrema ai nazionalisti, promettono battaglia. Battaglia che riguarda il “Pametnik na Savetskata armia”, imponente complesso monumentale dedicato all’Armata Rossa che, dagli Anni Cinquanta del secolo scorso, fa bella mostra di sé nel cuore di Sofia.
L’opera oggi è di nuovo al centro di accese diatribe, dopo che le autorità al potere in Bulgaria hanno dato luce verde, dopo anni di dibattiti, stop e ripartenze, alla rimozione dal grande parco dove si erge da decenni. Il primo via libera era arrivato già in primavera, da parte del consiglio comunale della capitale, mentre a inizio agosto il nuovo governo europeista e filo-Occidente ha confermato la rotta. Il monumento insomma dovrebbe avere i giorni contati, dopo i due sì delle autorità al suo spostamento in un luogo da decidere – con alta probabilità all’interno del Museo dell’Arte socialista – ma in ogni caso lontano «dalla vista pubblica», hanno sintetizzato i media bulgari.
Tutto deciso? Non proprio, perché a Sofia – da giorni – è in corso una vera e propria corsa per salvare il controverso monumento. Corsa che include, ad esempio, una “tendopoli”, allestita da attivisti di sinistra e della coalizione Levitsata per impedire ogni tentativo di rimuovere l’opera, alta quasi 40 metri e con un importante bassorilievo alla base, che ritrae i soldati russi in marcia. Non si tratta di un’opposizione senza senso, ma ci sono concreti «pericoli che la rimozione del monumento serva gli interessi delle forze di destra prima delle elezioni a Sofia, noi siamo qui per dire no» a chi vuole «dissacrare e insultare la storia», ha detto la leader di Levitsata, Maya Manolova.
Il Pametnik bulgaro peraltro on è un caso isolato. Tanti altri monumenti del genere «furono costruiti nelle capitali europee» dell’Est, «l’Armata Rossa contribuì alla liberazione dell’Europa dal fascismo», ha aggiunto. Ma nella “guerra” per salvare il monumento c’è anche la destra, quella filorussa e nazionalista di Vazrazhdane, che ha addirittura evocato l’opzione di ronde per vigilare sull’opera e impedire che venga violata, magari infastidendo Mosca. Potrebbero non essere d’accordo con l’eliminazione del monumento anche i tanti artisti e attivisti che, dal 2011 a oggi, lo hanno usato come veicolo per trasmettere nel mondo i propri messaggi di protesta. Ad aprire le danze erano stati gli anonimi che avevano trasformato le statue di bronzo dei soldati russi sul basamento del Pametnik in supereroi pop, colorandoli con lo spray e donando loro le fattezze di Superman, Capitan America, Joker e Babbo Natale. Nel 2013, altri attivisti avevano utilizzato le statue per lanciare un messaggio di «scuse per Praga 1968», leggi l’invasione russa della Cecoslovacchia, sostenuta dalla Bulgaria, mentre già nel 2014 e poi anche nel 2022 i soldati russi erano stati dipinti con i colori nazionali di Kiev, il tutto corredato dalla scritta «giù le mani dall’Ucraina». E qualcuno, a Sofia, sembra ora intenzionato a dire anche giù le mani dal Pametnik.
Ma tanti altri non ci stanno e sostengono le mosse delle autorità. Sono le decine di intellettuali, scrittori e giornalisti che hanno sottoscritto una petizione pro-rimozione del monumento, sostenendo che si tratta di un «atto simbolico dal quale l’Ue capirà che la Bulgaria soddisfa i propri impegni verso l’Ucraina».
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