La presidente slovena Pirc Musar sul premier Golob: «Due anni di governo senza grandi risultati»
dell’assistenza. «Gestito bene solo il dopo-alluvioni»

LUBIANA È una politica moderna e alla mano, senza peli sulla lingua e rimane, secondo tutti i sondaggi, la leader più apprezzata dai cittadini sloveni. Può allora permettersi anche di salire in cattedra e “rimandare” a settembre un governo che, dopo due anni, non si sarebbe impegnato a sufficienza. E merita dunque quantomeno qualche bacchettata, per il suo operato senza infamia e senza lode.
Governo, quello del premier Robert Golob, in Slovenia, che un po’ a sorpresa è entrato nel mirino della presidentessa Natasa Pirc Musar, prima donna a ricoprire la posizione di Capo dello Stato a Lubiana.
Musar che, durante un’intervista all’emittente Pop Tv, ha ammesso di condividere l’opinione di molti sloveni che l’esecutivo attuale, al potere da due anni, non abbia in realtà ottenuto chissà quali grandi successi, in particolare sul fronte delle riforme strategiche «impegnato più che altro a vivacchiare», la sintesi dell’intervento di Pirc Musar fatto dall’agenzia stampa slovena Sta.
«A volte ho l’impressione che, quando si tratta di temi strategici», in particolare riforme del sistema sanitario e del pubblico impiego, «i ministri non parlino abbastanza tra loro e dunque viaggino scoordinati», ha puntualizzato. Ma le riforme che contano e che servono al Paese «non sono una questione di un ministro o di un ministero», ha aggiunto, invitando il governo ad attivarsi, perché è tempo «per riformare profondamente l’assistenza sanitaria», uno dei settori azzoppati da mesi di scioperi.
Di certo, nei due anni che mancano a Golob a concludere il mandato, l’esecutivo dovrebbe «completare le riforme che mancano, invece che limitarsi a correzioni cosmetiche», l’auspicio della presidentessa slovena. Che è andata oltre, in quello che è apparso un vero e proprio tentativo di “moral suasion” per rivitalizzare l’azione di governo. Azione che, ha poi suggerito, dovrebbe, almeno sui temi più delicati e «strategici», coinvolgere di più «l’opposizione, comunicando» meglio con la minoranza, per non perdere di vista anche le opinioni di chi oggi non è più al potere.
Di certo, ha continuato, è arrivato «il momento di guardare a cosa si è sbagliato», in particolare dopo la sonora vittoria del centrodestra alle Europee, anche se «sono convinta che non sia il momento di elezioni anticipate», seguendo l’esempio della Francia. Ma non ci sono state solo bacchettate, con Pirc Musar che ha lodato quanto fatto dal governo per gli aiuti post-alluvioni dell’estate del 2023, anche se bisognerebbe accelerare sul fronte di chi ha perso la casa nel disastro. E sul riconoscimento della Palestina, mossa giusta, perché non si può cercare un accordo di pace e una «soluzione a due Stati» se non si «riconosce una delle parti in conflitto».
Ma non c’è solo Pirc Musar, in una Slovenia dove, dopo il trionfo dell’Sds alle Europee, non sono mancate le critiche più o meno velate a Golob. Vittoria di Jansa che era sì scontata, ma si tratta nondimeno «di un importante avvertimento al governo, perché coincide con la metà del mandato della coalizione» e l’esecutivo dovrebbe «rifletterci» sopra e «non sottostimare il risultato», la benevola raccomandazione ad esempio del “padre della patria” Milan Kucan, primo presidente sloveno.
E sembrano aprirsi nel frattempo pure delle crepe nella maggioranza che sostiene il governo. Lo ha suggerito, ad esempio, il giornale Vecer, che ha sostenuto che il voto alle Europee sarebbe stato un redde rationem per un premier che ha troppo promesso e troppo poco mantenuto, portando gli elettori a voltargli le spalle e a scegliere «messia populisti».
Posizione che sarebbe condivisa anche da importanti esponenti della maggioranza, ha sostenuto il Vecer. Fra questi, Matjaz Nemec, eurodeputato dei Socialdemocratici (Sd), «l’unico partner di coalizione capace di una introspezione critica» dopo il voto del 9 giugno. Ma qualche mal di pancia avrebbe colpito anche Asta Vrecko, ministra della Cultura e coordinatrice di Levica (Sinistra). Fattore che suggerirebbe «un cambio nelle relazioni» all’interno del governo che affronta l’ultimo giro di corsa, forse non del tutto in salute.
Riproduzione riservata © il Nord Est