Fabbrica di treni in Serbia: la richiesta di Vucic a Xi

BELGRADO Una Belgrado già tappezzata di bandiere cinesi aspetta l’arrivo del presidente Xi Jinping, atteso in Serbia tra il 7 e l’8 maggio per una storica visita in Europa, con altre tappe solo a Parigi e nella Budapest di Orban. E la visita in Serbia, oltre a un forte valore politico e simbolico – cade nell’anniversario del bombardamento Nato sull’ambasciata cinese – avrà anche un leitmotiv molto pragmatico: i treni. Treni che rappresentano uno dei simboli più evidenti degli stretti legami tra Belgrado e Pechino.
Lo ha anticipato il padrone di casa, il presidente serbo Aleksandar Vučić, svelando la “lista della spesa” che la leadership del Paese balcanico presenterà a Xi. «Chiederò» anzi «pregherò il presidente Xi» di fare «due, tre grandi cose» per la Serbia. E la prima riguarda i trasporti. «In Europa non ci sono più treni», ossia una produzione significativa e allora «domanderò alla Cina di far partire di nuovo una fabbrica di locomotive e treni» in Serbia, avrebbe un «valore strategico», ha sottolineato Vučić, ricordando che la Serbia ha ancora le conoscenze e la forza lavoro adatta per un impegno del genere, viste le storiche industrie che un tempo fecero la fortuna di cittadine come Smederevska Palanka e Kraljevo.
Nel frattempo, in assenza di una produzione locale significativa, la Serbia guarda alle importazioni. Sempre dall’Estremo Oriente. «Sono arrivati i treni dalla Cina», ha annunciato sempre il leader serbo, riferendosi ad alcuni dei “pendolini” made in China che Belgrado ha ordinato l’anno scorso. Circoleranno a 200 all’ora, una velocità notevole per gli standard attuali dei Balcani, sulla «linea Belgrado-Subotica, che completeremo entro la fine dell’anno», ha anticipato Vučić, con Xi che dovrebbe presenziare alla presentazione ufficiale di uno dei convogli. Convogli, ricordiamo, che viaggeranno su una parte significativa di quella ferrovia veloce cui lavorano maestranze cinesi e che è fortemente sostenuta da Pechino nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”, leggi la Nuova Via della Seta.
Il progetto ha l’ambizioso obiettivo di far affluire sui mercati occidentali con maggior rapidità le merci cinesi che arrivano via mare al Pireo, porto greco i cui due terzi sono sotto controllo di Cosco, da trasferire poi via ferro nell’Europa centrale, fino a Budapest. Non è finita. Sulla lista che Vučić presenterà a Xi ci dovrebbero essere anche altri “desiderata” sul fronte dell’economia e della produzione. La Serbia, infatti, spera che la Cina tenga in considerazione il Paese balcanico anche per la produzione di auto elettriche, come sta già facendo nella vicina Ungheria di Orban, che attende l’apertura del primo mega-stabilimento della Byd cinese in Europa, destinato a far concorrenza a Tesla e non solo. E un pensierino sarà rivolto anche alla possibilità di investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale e persino delle auto volanti.
E a Belgrado si festeggerà pure una data che ormai si avvicina. Dal primo luglio, infatti, entrerà in vigore un accordo di libero scambio tra Serbia e Cina, che permetterà l’import e l’export senza dazi tra i due Paesi. E allora poco sorprende il battage mediatico che, nella stessa Cina, sta avendo l’imminente visita di Xi in un Paese che sta dimostrando di coltivare una «amicizia di ferro» con Pechino. Anche a costo di far storcere il naso a quella Ue che, per la Serbia, rimane obiettivo strategico.
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