Croazia, nuova terra di immigrazione: i nepalesi superano bosniaci e serbi

Boom di lavoratori stranieri: per la prima volta dopo 15 anni il numero di arrivi ha superato quello delle partenze
Giovanni Vale

ZAGABRIA Da Paese di emigranti a terra di immigrazione. La trasformazione della Croazia è visibile per le strade di Zagabria, Pola, Spalato, Dubrovnik e di tante altre città dove i lavoratori stranieri sono sempre più numerosi: senza di loro la stagione turistica non sarebbe ormai più possibile. Sono nepalesi, indiani, filippini, bengalesi, turchi e si occupano delle mansioni più disparate: muratori, camerieri, carpentieri, cuochi, rider per le consegne di pasti e acquisti o tassisti per società di trasporti. L’Istat croato ha già registrato la svolta storica. Nel 2022 il saldo migratorio della Croazia è stato positivo: 57.972 ingressi contro 46.287 partenze, con una differenza di 11.685 persone che sono arrivate (o tornate) nel Paese rispetto a chi è partito. Non accadeva da 15 anni.

Dall’inizio del 2021 la Croazia non impone più quote di ingresso ai lavoratori provenienti da Paesi esterni all’Unione europea, e questo per fare fronte alla cronica mancanza di personale, in particolare durante la stagione estiva. Nel giro di un paio d’anni quindi il numero di permessi di lavoro rilasciati dal ministero dell’Interno di Zagabria è cresciuto vertiginosamente: 81mila nel 2021, 124mila nel 2022, nei primi quattro mesi del 2023 si è già arrivati a quota 54mila. Il risultato è che oggi la terza comunità di stranieri più popolosa della Croazia, dopo quelle bosniaca e serba, è quella dei nepalesi: sono circa 12mila, contro 36mila bosniaci e 19mila serbi, più dei macedoni (10mila) e dei kossovari (9mila circa). Così, se di recente 700 nepalesi hanno festeggiato nel centro di Zagabria la Giornata dell’Everest, che ricorda l’anniversario della prima spedizione sulla vetta più alta del mondo nel 1953, nella stessa capitale croata è stata fondata l’Associazione dei nepalesi. «Vogliamo mostrare come vivono i nepalesi, com'è la nostra cultura, i nostri costumi tradizionali», ha spiegato alla televisione Rtl Durga Adhikari, uno dei membri dell’associazione. Il suo concittadino Sujan Paudel ha raccontato di come sia difficile trovare lavoro in Nepal, e anche quando si trova «il salario minimo è compreso tra 100 e 150 euro. Non puoi fare niente con uno stipendio di 150 euro».

Anche in Croazia però non mancano i problemi. Le storie di abusi, i casi di razzismo e le violazioni dei diritti dei lavoratori si moltiplicano, mentre attorno ai nuovi arrivati nasce un fiorente business. Il ministero dell’Interno nota che se nel 2021 esistevano in Croazia 88 agenzie di collocamento, oggi se ne contano più di 400, di cui alcune specializzate in determinate nazionalità di provenienza. I nepalesi sono tra quelli che spesso pagano di tasca propria per arrivare in Croazia, indebitandosi nei confronti delle agenzie locali che preparano per loro la documentazione. Una volta arrivati, devono lavorare per rimborsare quei costi e gli stipendi – 800 euro al mese per un cameriere, 700 per chi fa consegne a domicilio – non permettono di vivere come si era immaginato prima di partire. Per questo il mercato è fluido e chi arriva presto può anche ripartire. Il vantaggio della Croazia, da poco un Paese dell’area Schengen, è anche questo, ovvero di poter essere una prima porta verso altri Paesi europei.

Intanto però per Zagabria si apre una fase nuova, in cui si pone il tema dell’integrazione in una società finora molto omogenea. Non un caso isolato nella regione. Anche la Serbia, seppur in misura minore, sta registrando la sua “eksplozija” di lavoratori stranieri, come titola la stampa locale. Nei primi sei mesi 2023 Belgrado ha distribuito quasi 25mila permessi di lavoro, contro i 35mila registrati nell’intero 2022

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