Così la guerra in Ucraina dirotta sulla via balcanica i grandi traffici di droga

Un nuovo studio del Gitoc evidenzia gli effetti dei combattimenti

ma anche della rafforzata presenza militare sul fronte orientale

Stefano Giantin
Chiusi gli scali ucraini, vengono utilizzati altri porti più a Ovest
Chiusi gli scali ucraini, vengono utilizzati altri porti più a Ovest

Reagire con prontezza alle avversità, perseverando nel business illegale per far soldi come sempre, mentre la guerra infuria. È la strategia dei narcotrafficanti internazionali, che anche all’epoca del conflitto in Ucraina hanno trovato un modo per far affluire stupefacenti in Europa. Aumentando i traffici via Balcani.

È quanto ha suggerito l’autorevole Global Initiative against Transnational Crime (Gitoc), che in un nuovo studio pubblicato ha analizzato il quadro relativo ai traffici di droga via Ucraina e Europa orientale, le zone calde a causa dell’aggressione russa contro Kiev. Zone che per i criminali sono diventate scomode da utilizzare come hub e transito per gli stupefacenti, non solo a causa dei combattimenti sul suolo ucraino ma anche per la «rafforzata presenza militare» sul fronte orientale Nato, leggi Bulgaria e soprattutto Romania. Parliamo di rotte tradizionali che trasferiscono ad esempio la cocaina dal Sudamerica in Europa «attraverso il porto di Odessa e che si sono atrofizzate», ha spiegato lo studio dell’Iniziativa, specializzata nell’esaminare i grandi temi relativi a criminalità e sicurezza globale. Non solo. Dalla primavera del 2022, quando le truppe di Putin hanno invaso l’Ucraina e destabilizzato non solo il Paese ma anche il quadro geopolitico nell’Europa dell’Est, altri canali da sempre battuti hanno subito forte impatto, negativo per i narcotrafficanti. Parliamo di rotte essenziali per i criminali, come «quella settentrionale che porta oppioidi dall’Afghanistan e che rifornisce Asia Centrale, Russia, Ucraina e Bielorussia», uno degli esempi citati da Gitoc.

Ma è sbagliato immaginare i trafficanti della droga rimanere inerti ad aspettare che i marosi della guerra si plachino. La soluzione, ha suggerito lo studio, è stata potenziare «rotte alternative, in testa quella balcanica», dove i traffici «appaiono essersi intensificati». È proprio la Rotta balcanica la porta ideale per mantenere attivi, ad esempio, i traffici di eroina, che prima del conflitto avevano come sbocco-chiave il porto di Odessa. Virare sui Balcani è la scelta ideale, perché la regione – spiega lo studio – è «la via più breve e più diretta per raggiungere via terra i mercati europei».

Non sono solo ipotesi, come confermano i grandi sequestri di eroina in Turchia e altri in Bulgaria, tra il 2022 e il 2023. C’è poi la cocaina, che causa la chiusura dei porti ucraini – un tempo approdo per la “bianca” in arrivo dal Sudamerica – verrebbe ora fatta affluire in maggiori quantità in Europa attraverso altri importanti scali, come quelli di Varna in Bulgaria e di Costanza, in Romania. Sono porti, questi, che soffrono poi di «mancanza di staff» sul fronte dei controlli e della sicurezza. Proprio per questo i narcos guardano a essi come un’occasione ghiotta per farvici transitare «coca» oltre a «eroina e precursori». Ma anche altri porti, nell’ultimo anno e mezzo, avrebbero osservato un aumento dei traffici illegali di cocaina, tra cui quelli «dell’Adriatico e dell’Egeo».

La guerra in Ucraina è però anche un’opportunità per i “produttori” locali e non, come molti criminali ucraini e russi che si sarebbero spostati nell’Europa sudorientale, dopo aver comprato passaporti attraverso investimenti, per gestire con profitto i loro traffici. E sono tempi d’oro anche per i trafficanti specializzati in cannabis. Secondo l’Initiative, infatti, una «crescente domanda» sarebbe soddisfatta dall’aumento della produzione illegale in Albania. E ora anche in Macedonia del nord e in Kosovo.

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