Bosnia, l’ex capo degli 007 finisce sulla lista nera dell’amministrazione Usa
L’uomo è diventato, secondo gli Stati Uniti, un’eminenza grigia. Spiava i politici che non facevano parte del suo partito, l’Sda

Una vera e propria eminenza grigia, potentissima. E altrettanto pericolosa per la democrazia, conferma ora una grande potenza occidentale, che la punisce con l’inserimento in una “black list” importante dal punto di vista simbolico e pure pratico.
Protagonista della vicenda, Osman Mehmedagić, ex numero uno dell’intelligence e dei servizi di sicurezza della Bosnia-Erzegovina, che a sorpresa è finito sotto sanzioni Usa. L’annuncio è stato dato dal Dipartimento del Tesoro americano, che ha dipinto un ritratto assai poco edificante dell’ex capo delle spie bosniache. Mehmedagić, secondo Washington, si sarebbe infatti impegnato assai poco, dal 2014 fino a pochi mesi fa, nel proteggere la sicurezza nazionale. Si sarebbe invece dedicato maggiormente a «sfruttare un’azienda di telecomunicazioni a beneficio del Partito dell’azione democratica (Sda)», la maggiore forza politica bosgnacca-musulmana. L’ex funzionario in questo modo «raccoglieva» informazioni private via rete cellulare, tutte su «politici bosniaci non legati all’Sda», ma anche di funzionari e politici serbo-bosniaci di opposizione.
Informazioni illegali e utilissime per tessere una rete di potere, ha suggerito Washington, che ha asserito inoltre che Mehmedagić, «con minacce» e sfruttando il suo archivio segreto, avrebbe di fatto “convinto” altri partitini a sostenere l’Sda nella sua presa del potere, un’accusa pesantissima con possibili gravi ricadute, a Sarajevo. Nei ritagli di tempo, Mehmedagić si sarebbe poi dedicato, sempre secondo Washington, ad «arricchire sé e il suo partito» di riferimento anche grazie a legami con «reti criminali». «Sono tutte accuse infondate», ha replicato Mehmedagić, le cui eventuali proprietà e conti negli Usa sono ora stati congelati dalla decisione del Dipartimento del Tesoro, mentre cittadini e imprese americane che facessero affari con l’uomo potrebbero subire dure sanzioni.
Nel frattempo, la Procura nazionale bosniaca ha informato ieri che esiste già un fascicolo d’indagine su Mehmedagić e su altre due persone finite con lui sulla lista nera americana. E anche in questo caso non si tratta di pesci piccoli. La seconda new entry è infatti Dragan Stanković, ex alto funzionario in Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba, artefice della «legge sugli immobili», che la leadership serbo-bosniaca sostiene per mettere le mani su proprietà sotto il controllo del governo centrale – un nuovo fronte di tensione che da settimane sta incendiano i rapporti con Sarajevo. Sulla lista, anche Edin Gačanin, ritenuto «uno dei più grandi trafficanti di droga al mondo», boss del cartello “Tito e Dino” e sospettato di essere fra i più pericolosi criminali a livello globale. A legare i tre, il fatto di essere delle figure che, in un modo o nell’altro, «costituiscono una minaccia alla stabilità regionale» e alla democrazia in tutti i Balcani, ha dichiarato il segretario di stato al Tesoro Usa, Brian Nelson. Si parla di personaggi «che hanno minacciato lo stato di diritto, minato le istituzioni, ostacolato o messa a rischio l'attuazione dell'accordo di pace di Dayton e contribuito materialmente alla diffusione internazionale di droghe illecite», gli ha fatto eco anche ll segretario di stato americano Antony Blinken.
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