Belgrado si prepara a ospitare l’Expo 2027: il piano di sviluppo sfiora i 18 miliardi

BELGRADO. Un successo diplomatico e di immagine, un potenziale volano per l’economia e per il turismo, ma anche controversie e polemiche. Sono le diverse campane che risuonano in Serbia a proposito di Expo 2027, non l’esposizione mondiale che si terrà - dopo lo smacco a Roma - a Riyadh nel 2030, ma una cosiddetta «specialized expo» (come quella per la cui edizione del 2008 Trieste si candidò senza successo), che sarà dedicata alla vita nel futuro, tra nuove tecnologie, creatività, innovazione, musica e sport.
Sbaragliata la concorrenza
La “casa” dell’Expo 2027 – che segue a simili iniziative organizzate ad Astana nel 2017 e a Yeosu nel 2012 - sarà Belgrado, che nel giugno del 2023 aveva sbaragliato la concorrenza di altri quattro Paesi candidati, Usa, Spagna, Thailandia e Argentina, mantenendosi in testa alla classifica in tutte le varie votazioni preliminari. Si tratta di una «notizia fantastica» e di una enorme opportunità per il Paese balcanico, anche in termini di investimenti e posti di lavoro, aveva detto al momento della proclamazione della città vincitrice, la capitale serba appunto, il presidente serbo, Aleksandar Vučić.
Tempi stretti, occasione da non perdere

E la Serbia, malgrado i tempi ristretti, non sembra voler perdere l’occasione. Lo conferma il lancio di un più che ambizioso piano di sviluppo, che fra i suoi punti ha anche l'Expo e che prevede la spesa, entro il 2027, di 17,8 miliardi di euro, una cifra enorme per il Paese balcanico. Ad annunciare il piano di battaglia è stato, come sempre, lo stesso Vučić, che in Tv ha promesso anche che il Pil salirà a oltre 92 miliardi di euro all’anno, forse toccando i cento a ridosso dell’esposizione, con un debito pubblico al 60% - cifre da fare invidia a Paesi come Grecia e Italia – assicurando al contempo nuovi aumenti a pensioni e salari.
Le opere in periferia di Belgrado
Ma il clou del programma sono le opere per Expo 2027, che dovrebbero sorgere nell’attuale estrema periferia di Belgrado, su uno spazio di circa 250 ettari, 80 destinati alla rassegna. Lì, dove oggi si distendono campi e prati, verranno costruiti complessi espositivi, un centro sportivo, condomini e il nuovo mega-stadio nazionale da 50mila posti, oltre a nuove vie di comunicazioni per collegare l’area al centro città e al vicino aeroporto Nikola Tesla.
Serbia pronta a tutto

Progetto troppo ambizioso? Forse, ma la Serbia ci crede e «tutto dovrà essere pronto entro il primo dicembre 2026», ha spiegato Vučić in questi giorni, mentre i media locali sono inondati dalle immagini di ruspe, bulldozer e camion già al lavoro, impegnati a spianare l’area dove sorgerà Expo e a gettare le fondamenta dell’opera, una delle più avanzate nei Balcani negli ultimi decenni e fra le più costose. «Un salto nel futuro», lo slogan per l’edizione serba dell’Expo che rimarrà aperta dal maggio all’agosto del 2027. Dopodiché l’area non esaurirà la sua funzione; anche a evento finito infatti Belgrado si sarà garantita «il più moderno spazio fieristico nei Balcani», ha concluso con orgoglio il capo-urbanista della capitale, Marko Stojčić.
Critiche e polemiche
Dietro la retorica degli annunci e le reboanti promesse affiorano tuttavia anche critiche e polemiche. «Una nuova legge ha aperto le porte a un miliardo di euro di investimenti da fondi pubblici per Expo 2027, con il rischio di contratti a prezzi gonfiati e lavori di bassa qualità», ha denunciato questa settimana Transparency International. E poi ci sono i dubbi sul futuro dell’attuale Fiera di Belgrado, prezioso esempio di architettura Anni ’50 – in particolare l’enorme cupola della Hala 1, ancor oggi lo spazio espositivo con la più grande cupola in Europa – che secondo critici di Vučić e opposizione sarebbe a rischio, dopo il successivo trasferimento della Fiera negli spazi dell’Expo. Lasciando possibile spazio ai palazzinari.
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