Belgrado rilancia e accelera: «La tomba di Tito va spostata»

L’idea del primo cittadino, che milita nel partito di Vučić, divide gli alleati di governo

Stefano Giantin
La tomba di Tito all’interno del mausoleo
La tomba di Tito all’interno del mausoleo

Non una boutade, ma un piano preciso e concreto - sebbene di difficile realizzazione - oltre che controverso. È quello delle autorità al potere a Belgrado, realmente intenzionate a sfrattare le salme dei grandi di una patria che non c’è più, la Jugoslavia socialista, per onorare altre discutibili figure, come il leader dei cetnici, Draza Mihailović.

Il piano è stato confermato dal sindaco della capitale serba, l’ex campione di pallanuoto Aleksandar Sapić, eletto nelle file del partito del presidente Aleksandar Vučić, l’Sns. Sapić ha fatto appello ai vertici dello Stato per «chiudere definitivamente i conti con bolscevismo e comunismo», ideologie che sarebbero state «fatali» per il popolo serbo.

A Belgrado in migliaia alla tomba di Tito nel 44° anniversario dalla morte
La redazione
L'omaggio alla tomba di Tito

Come muoversi? Nientemeno, come evocato già in primavera, sfrattando dal suo mausoleo le spoglie di Josip Broz Tito. Ma la lista degli indesiderati si è nel frattempo allungata, includendo anche le salme custodite dal 1948 nella celebre “Tomba degli eroi del popolo” eretta sul Kalemegdan, la storica fortezza di Belgrado.

Si tratta dei resti di Ivo Lola Ribar, uno dei più stretti collaboratori di Tito fin dagli anni Trenta e fra i massimi leader della Resistenza jugoslava. Ma anche il generale partigiano Ivan Milutinović, ucciso da una mina sul Danubio, andrebbe spostato, come pure il rivoluzionario Djuro Djaković, eliminato nel 1929 per attività anti-monarchiche; e soprattutto Mosa Pijade, assieme a Tito uno dei politici più influenti agli albori della Jugoslavia socialista.

Belgrado vuole sfrattare la tomba di Tito
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Il presidente dell’ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia Josip Broz Tito

L’operazione andrebbe eseguita in «maniera rispettosa», ha promesso il sindaco della metropoli. L’ultima parola però spetta non a Belgrado bensì al ministero della Cultura, ha precisato. Nondimeno, anche se «non posso influenzare direttamente» una decisione sul destino di Tito e degli altri ex eroi nazionali, «penso che spostare» i resti del Maresciallo «dal Museo della Jugoslavia sarebbe estremamente importante per il popolo serbo», così come lo sarebbe il trasferimento «dei resti dei quattro eroi nazionali dal Kalemegdan», ha spiegato il sindaco.

Ma il primo cittadino ha messo poi altra carne sul fuoco destinata a provocare molto fumo. Lo ha fatto sostenendo la bontà dell’idea di erigere una statua, nel cuore di Belgrado, in onore di Draza Mihailović, capo dei cetnici durante la Seconda guerra mondiale, condannato a morte per crimini di guerra e collaborazionismo nel 1946 e poi riabilitato – tra le proteste degli antifascisti - da un tribunale serbo nel 2015. Mihailović fu «onorato post-morte con le più alte onorificenze di Usa e Francia» e «merita» un monumento a Belgrado, ha sostenuto Sapić.

Non tutti la pensano così, non solo nella società civile ma anche nelle file del governo nazionale. «La Serbia non è l’Ucraina o la Lituania, dove distruggono i monumenti antifascisti e tutto ciò che fu generazioni fa», ha attaccato il vicepremier Aleksandar Vulin, nazionalista e filorusso, che ha aggiunto che il trasferimento delle spoglie di Tito sarebbe solo «un regalo a Sarajevo o Zagabria, che lo accoglierebbero per dirsi eredi della tradizione antifascista».

L’idea di sfrattare Tito «non è nel programma» della coalizione che governa Belgrado, tra Sns e socialisti (Sps), ha rimarcato il vicepresidente dell’Sps, Aleksandar Antić, mentre i socialdemocratici hanno parlato di aperto «revisionismo». Sulla stessa linea lo storico Milovan Pisarri, che in Tv ha bollato il «nazionalismo» al potere oggi come «ideologia che falsifica la storia».

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