Belgrado dà il via al piano di recupero della flotta nazista affondata nel Danubio

Nell’agosto 1944 navi militari, civili e chiatte che cercavano di sfuggire all’Armata Rossa finirono inabissate nell’area di Prahovo

Stefano Giantin
Uno dei relitti affondati nel Danubio
Uno dei relitti affondati nel Danubio

BELGRADO. Il 2024? L’anno della probabile svolta per un vero e proprio cimitero fluviale, quello in cui alcune navi dimenticate, affondate ottant’anni fa nel corso d’acqua più importante d’Europa – con carichi anche molto pericolosi – saranno finalmente riportate in superficie, anche se tantissime altre rimarranno per sempre custodite nelle acque limacciose del grande fiume, richiamate alla memoria solo grazie a una ricerca resa pubblica in questi giorni.

L’annuncio

Il fiume, il Danubio, e le navi lì inabissate in tempi più o meno recenti sono tornati tema di fortissima attualità in Serbia. Serbia dove ha avuto forte eco l’annuncio del viceministro per la Navigazione fluviale, Predrag Petrović, che ha informato che, dopo molti ritardi, Belgrado potrebbe essere pronta entro la fine dell’anno a riportare in superficie le prime navi naziste affondate nel 1944 nell’area di Prahovo, oggi importante porto in Serbia, a valle della grande diga di Djerdap. Navi, ricordiamo, che rappresentano un unicum in Europa e che avevano fatto scalpore nel 2022, quando una grande siccità ne aveva fatte emergere alcune dal letto del Danubio.

L’auto-affondamento di massa

Parliamo infatti di una vera e propria flotta di navi militari, civili e chiatte, molte parte della cosiddetta Schwarzmeerflotte, che verso la fine della Seconda guerra mondiale, quando le sorti del conflitto erano ormai chiare e l’avanzata dell’Armata Rossa inarrestabile, cercarono di fuggire via Danubio verso il Reich, con a bordo almeno ottomila soldati e civili tedeschi, armi, munizioni ed esplosivi. Era l’agosto del 1944 e la flotta nazista riuscì appunto ad arrivare solo fino a Prahovo, incalzata dai soldati sovietici. Lì vi fu un auto-affondamento di massa.

Operazioni rischiose

Otto decenni dopo le navi sono ancora lì, forse per poco. I lavori del progetto per la rimozione della flotta nazista sommersa «sono iniziati l’anno scorso, è stata scelta l’impresa che se ne occuperà e al momento siamo entrati nella fase della ricerca, che sarà seguita» dall’inizio della colossale opera di recupero dei bastimenti, ha spiegato Petrović.

L’idea, è emerso a Belgrado, è di arrivare alla rimozione di circa una ventina di navi, quelle più vicine alla superficie, ma altre decine giacerebbero sul fondo del Danubio. Sono operazioni molto rischiose. «Dobbiamo stare attenti», ha ammesso Petrović, riferimento al fatto che si teme che molte delle navi abbiano esplosivi o mine a bordo, ancora pericolose dopo ottant’anni. L’operazione in agenda in Serbia non è dettata da ragioni storiche. La navigazione nel fiume, da decenni, è appunto messa a rischio dalla presenza delle navi tedesche. E con siccità sempre più frequenti, diventa ora imprescindibile “bonificare” il grande fiume, un progetto che potrebbe costare svariate decine di milioni di euro.

Gli altri relitti

Il Danubio non nasconde relitti solo nell’area di Prahovo. Numerosi, risalenti anche a ben prima della Grande Guerra e del secondo conflitto mondiale, punteggiano i fondali di Sava e Danubio a Belgrado. Lo ha svelato in questi giorni un libro presentato al Museo della Scienza e della Tecnica della capitale serba, dedicato appunto alle carcasse celate nei fondali dei due fiumi che attraversano la città.

L’idea è «nata da una mappa delle navi affondate» pubblicata nel 2010 e «su quella si è lavorato, con nuove ricerche» e tantissime informazioni arrivate da marinai e pescatori, ha spiegato Gordana Karović, l’autrice di “Navi perse per sempre a Belgrado”.

Tantissime furono distrutte dai tedeschi nel 1944, ma nella melma ci sono anche l’Alkotmany magiaro, affondato nel 1914 per l’esplosione d’un ponte ferroviario, l’Avala, battello a vapore affondato nel 1935, la Franchet d’Esperey e la Zagreb, navi passeggeri scontratesi nel 1931. E decine e decine di altre, che rimarranno per sempre sul fondo dei fiumi più importanti dei Balcani.

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