Addio allo storico Miroslav Bertoša, primo console di Croazia a Trieste

È stato il primo illustre riconosciuto storico croato dell’Istria a collaborare con il Centro di ricerche storiche di Rovigno
Valmer Cusma
Miroslav Bertoša
Miroslav Bertoša

TRIESTE «Miroslav Bertoša rappresenta un punto fermo nella storia e nell’attività del Centro di ricerche storiche di Rovigno (Crs): è stato il primo illustre riconosciuto storico croato dell’Istria a collaborare con questa istituzione: e ha aperto in questo modo la strada della collaborazione ad altri importanti personaggi della storiografia istriana».

Con queste parole Giovanni Radossi, presidente onorario dell’Unione Italiana e cofondatore dello stesso Centro di ricerche di Rovigno di cui per decenni è stato direttore, ricorda Bertoša all’indomani della scomparsa dello storico, professore emerito e massimo esperto dell’Istria del periodo veneto.

Nato a Belgrado nel 1938 da genitori che vi si erano stabiliti da Pisino, dieci anni dopo Bertoša si trasferì assieme alla famiglia a Pola, dove frequentò il ginnasio per poi andare all’Accademia di Pedagogia alla Facoltà di Filosofia a Zagabria: qui si laureò con una tesi in cui faceva luce sulle vicende economiche e sociali nell’area veneziana dell’Istria, soprattutto nel XVI e XVII secolo. Da allora Bertoša sviluppò una importante carriera accademica.

Membro associato dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti, direttore dell’Istituto di Scienze storiche e sociali di Fiume, diventò professore ordinario della Facoltà di Pedagogia di Pola, l’odierno Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Juraj Dobrila della città istriana. Bertoša è stato membro della Societé Demographie historique di Parigi, della Società italiana di demografia storica, della Società storica dell’Istria, della Società storica slovena e di altre ancora.

Ma è stato anche il primo console della Repubblica di Croazia a Trieste, carica che ha ricoperto dal 1995 al 1999. «L’apertura di Bertoša nei confronti del Centro di ricerche storiche di Rovigno – commenta ancora Radossi – risultava indigesta all’autorità politica dell’epoca, che a malincuore vedeva che lo stesso Centro invece di venir isolato diventava punto di contatto con la storiografia italiana. Per quanto riguarda la storia della Comunità italiana – conclude Radossi – egli ha avuto sempre posizioni molto avanzate e anche critiche nei confronti della realtà politica che ha impedito alla nostra comunità di svilupparsi, di affermarsi e anche di tutelarsi»

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