Il Nord Est meno attrattivo? Si ispiri all’Emilia-Romagna
L’attrattività dell’Emilia Romagna è legata a tre fattori: la centralità della manifattura di alto livello tecnologico, la formazione avanzata e l’investimento in tecnologie di punta e di riferimento nazionale ed internazionale. Un esempio da studiare e seguire

Il Cnel ha pubblicato di recente un voluminoso Rapporto sull’attrattività dell’Italia per i giovani dei paesi avanzati. Il Rapporto Cnel vede il nostro Paese segnato da una ondata di nuova emigrazione che spinge i nostri giovani a cercare una loro via all’estero, ed in particolare in Germania, attratti non solo dai maggiori salari, ma anche da condizioni di lavoro più favorevoli per la loro crescita personale.
Proprio i più formati vengono spinti verso situazioni in cui produzione ad alta tecnologia, ricerca applicata ed alta formazione professionalizzante divengono, come segnalato dallo stesso Rapporto Draghi, i perni di una ripresa della competitività europea.
Il Rapporto stesso però chiarisce che non tutte le regioni reagiscono in modo eguale al paradosso- in verità solo apparente- di un mercato del lavoro, che ha raggiunto minimi di disoccupazione e quindi le imprese non trovano, secondo le recenti indagini Istat, le competenze richieste, ma rimane alto il flusso in uscita in particolare di giovani laureati.
Un’analisi più attenta alla mobilità di questi giovani ci segnala che fra le aree meno attraenti troviamo, con le regioni del profondo Sud, il Veneto e tutta l’area Nord Est. Mentre Lombardia ed Emilia-Romagna ed in particolare Milano e Bologna appaiono ancora attrattive, nonostante le numerose uscite verso l’estero, il Veneto attrae ancora dal resto dell’Italia quote frazionali di giovani, ma ne perde in maniera significativa verso l’estero.
Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna questa relativa attrattività è legata a tre fattori, fortemente sostenuti dalla Regione negli anni passati e su cui io stesso ho potuto lavorare a lungo come assessore a scuola e università della Regione: la centralità della manifattura di alto livello tecnologico, la formazione avanzata e l’investimento in tecnologie di punta e di riferimento nazionale ed internazionale.
La manifattura
Il primo fattore è l’attenzione per la manifattura, quindi la convinzione che un Paese non può sostenere un processo di sviluppo di lungo periodo senza una crescita dell’industria manifatturiera.
La presenza in Emilia-Romagna di una forte industria meccanica ha permesso di consolidare ceppi di competenze necessarie per sostenere la transizione verso quelle nuove tecnologie, che stanno guidando la trasformazione della società intera. Il permanere in Emilia-Romagna di una industria dell’automobile, ma concentrata sui segmenti più alti, dalla Ferrari alla Maserati, dalla Lamborghini alla Dallara, ha riposizionato l’intero comparto in un ambito internazionale che risulta molto attrattivo per quanti nel mondo vogliono accedere al top delle competenze meccaniche.
A questo settore la Regione Emilia-Romagna ha dedicato fin dal 2017 MUNER, la Motor Valley University of Emilia Romagna, che giovandosi dei fondi europei 2014-2020 ha creato quel contesto di alta formazione e ricerca, a cui hanno partecipato tutte le università presenti in regione e contestualmente le imprese, tutte ormai multinazionali, operanti nel settore.
Il fattore strategico di attrattività è quindi costituto proprio dagli interventi formativi che ormai dieci anni fa indirizzavano l’educazione superiore nei settori manifatturieri verso contesti cooperativi fra università ed imprese, riposizionando queste stesse attività a livello di eccellenza, dando una enorme visibilità all’intero territorio.
Egualmente l’intero territorio si è avvantaggiato dalla crescita di un forte comparto di macchine per l’automazione, quindi di quell’industria che sta a monte dei processi innovativi delle imprese di trasformazione manifatturiera finale. Anche in questo caso dal 2013 in Emilia-Romagna abbiamo potuto sperimentare corsi di formazione avanzati, attuando in via regionale quegli Istituti Tecnici Superiori, esplicitamente tratti dalla esperienza delle Hochfachschule tedesche, che poi io stesso potei generalizzare in norme nazionali nella mia successiva esperienza di Ministro del Governo Draghi.
Big data
Da ultimo la Regione in quegli anni lanciò un programma di creazione di un tecnopolo nel settore big data, che in pochi anni è divenuto la sede del più potente supercalcolatore d’Europa, attraendo in un progetto unitario le università della regione, il Cineca, quindi il consorzio per il calcolo che riunisce tutte le università italiane, i centri ricerca nazionali, ma anche l’Agenzia europea per le previsioni meteo a medio termine, generando un polo di altissima tecnologia, che deve ancora far ricadere sul territorio tutte le sue potenzialità, ma che ha riposizionato Bologna e la regione a livello internazionale, definendone una sua identità e quindi una sua presenza di riferimento per coloro che in Italia e in Europa si vogliono orientare verso lo sviluppo delle più alte tecnologie.
In questa esperienza stanno quindi le possibili linee di una politica da estendere all’intero Paese e all’intera Europa, che deve investire di più sulle proprie risorse umane, sulla ricerca e la formazione, quindi su progetti educativi di lungo periodo, recuperando quella visione sul futuro e quella visibilità sul presente che sembra oggi annebbiata.
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