Trieste e il rischio overtourism: visitatori ovunque, ma non c’è una città per loro
Tra prezzi folli, traffico nel caos e parcheggi introvabili, il boom turistico svela la fragilità dei servizi. E senza risposte rapide, saranno i visitatori ad andarsene

Un ipotetico turista che fosse capitato – probabilmente per sbaglio – a Trieste trent’anni fa e vi fosse tornato in questi giorni, non avrebbe creduto di trovarsi nella stessa città. All’epoca un luogo anonimo e smunto, venato la sera da una sorta di coprifuoco spontaneo; oggi una città vibrante di passaggi e di lingue, in cui s’intrecciano folle da ogni dove per assistere all’unica tappa italiana di una star internazionale della musica, dopo che il circo più famoso al mondo vi ha soggiornato per un mese con spettatori da cento Paesi, superando pure le presenze medie di Roma. Davvero stiamo parlando di Trieste?
Ma poiché dal successo all’eccesso il salto è breve, scaturiscono anche le conseguenze sgradevoli: prezzi di camere – soprattutto private – a migliaia di euro a notte, traffico impazzito a ondate imprevedibili e qualche bizzarra evoluzione delle abitudini, come il proliferare di turisti (e triestini) che girano a petto nudo per la città. Probabilmente essere diventati città turistica significa anche questo: si attraversa Piazza Unità con la panza di fuori, si fa jogging su Viale Miramare o ci si avvicina agli stabilimenti balneari direttamente in costume; e neppure questo il nostro visitatore di trent’anni fa lo ricordava di certo.
Siamo dunque entrati nel poco invidiabile gotha dell’overtourism, il sovra-turismo ch’è ormai fenomeno mondiale? Alcuni giorni fa lo ha sancito anche il centro di ricerche Demoskopika, che ha collocato Trieste al decimo posto in Italia per indice di sovraffollamento turistico. Forse però l’overtourism è lo specchio di un problema diverso, la carenza di servizi: “il troppo stroppia” rispetto a un livello di sopportabilità che dipende in buona parte da come si è attrezzati.
Anzitutto la ricerca di Demoskopika va letta per intero, rilevando che quel che ci conduce tra le aree sovraffollate è in realtà l’essere una provincia microscopica: siamo sesti in Italia nel rapporto tra presenze turistiche o posti letto ed estensione territoriale, ma solo a causa dell’esiguità del denominatore nella frazione. Nel rapporto tra presenze turistiche e popolazione siamo al trentaseiesimo posto, subito dopo Ferrara e Pistoia, tutto fuorché un dramma. Del resto a nessuno capita di dover sgomitare in piazza della Borsa o sul Ponte Curto per riuscire a passare, come in Piazza di Spagna o sul Ponte di Rialto.
E allora perché ci infastidiamo? La risposta è nella vita quotidiana: perché nelle ore di punta non si trova più un parcheggio e ci si accoda rabbiosi al Teatro Romano, e per i turisti è ancor più difficile; perché ai picchi di presenze (come per il concerto di Robin Williams) non corrispondono posti letto sufficienti e qualcuno – spesso in nero e senza controllo – se ne approfitta; perché la compresenza di più navi da crociera in pieno centro genera ingorghi improvvisi e ingestibili.
Abbiamo i turisti, ma non una città a misura di turista. La soluzione di alcune esigenze (purtroppo non affrontate per tempo) richiede anni, come la costruzione dei nuovi parcheggi in porto vecchio e dei nuovi alberghi in progetto, come pure la riqualificazione della stazione ferroviaria. Ma altre possono essere affrontate rapidamente: la trasformazione dello spazio ex Cirque du Soleil in maxi-parcheggio provvisorio; la creazione di un sistema d’informazione digitale centralizzato che guidi i turisti ai posti auto esistenti in periferia, possibilmente anche con una app unica dei servizi di ospitalità; l’ulteriore valorizzazione di Ronchi come parcheggio d’interscambio; e finanche la creazione di qualche bagno pubblico, perché accoglienza significa anche questo. In assenza dei servizi di base, anche quattro gatti dall’estero sarebbero troppi. E se non ci muoviamo a realizzarli presto, sarà il turismo a voltarci le spalle, e noi staremo lì a chiederci perché.
Riproduzione riservata © il Nord Est