Pontida infuocata: la tentazione bavarese dei padani doc
La Lega nazionalpopulista, secondo lo schema delineato in questi anni da Matteo Salvini, troverebbe il pieno compimento nella leadership dell’ex generale Vannacci


È stata una Pontida “infuocata” e vannacciana quella dello scorso fine settimana. Da cui è uscita ancora più forte la spinta a consolidare il partito di estrema destra, andando alla ricerca di settori di elettorato di Fratelli d’Italia.
Una competizione che non produce risultati concreti, vista la disparità delle percentuali, ma che ossessiona comunque Giorgia Meloni, la quale ha sfoderato toni radicali e da comiziante a Fenix, la festa del movimento giovanile del partito, ossessionata com’è dalla volontà di non lasciare spazi liberi neppure sull’ultradestra (un aspetto costitutivo della sua ambiguità, che incide assai sull’evoluzione potenziale di FdI).
Ecco, allora, che la Lega nazionalpopulista, secondo lo schema delineato in questi anni da Matteo Salvini, troverebbe il pieno compimento – e “inveramento” – esattamente nella leadership del destrissimo ex generale della Folgore Roberto Vannacci, molto acclamato sul pratone della tradizionale kermesse nel Bergamasco (in particolare dai militanti più giovani). Al punto da costringere un Salvini zavorrato da qualche problema di salute a correre alla festa per ribadire la sua leadership.

Ed è proprio da quest’ultima Pontida che stanno uscendo dei granelli di sabbia volti a inceppare l’ingranaggio della metamorfosi totale in partito dell’Internazionale nera e sovranista, come l’affondo del consigliere regionale veneto Marzio Favero, che ha definito Vannacci «un corpo estraneo, antitetico alle radici antifasciste della Lega» (come da tradizione, ma praticamente smobilitata, di Umberto Bossi). E pure dei “pietroni” veri e propri, come quelli contenuti nelle dichiarazioni di Luca Zaia, il quale ha lanciato dal palco della kermesse un’idea che, se realizzata, avrebbe delle conseguenze di rilievo sul paesaggio politico, anche in considerazione del fatto che si sta parlando del partito “più antico” presente nel Parlamento italiano dopo la “rivoluzione” di Tangentopoli che pose fine alla Prima Repubblica. Qualcosa che va al di là della suggestione o dell’esercizio politologico, rilanciato nelle scorse ore anche da Il Foglio e da Dagospia. Ovvero lo “spacchettamento” della Lega e la nascita di una formazione del Nord, con un ritorno alle origini, sul modello della Csu della Baviera – un Land con il quale, peraltro, il Veneto e il Friuli Venezia Gulia presentano svariate affinità –, il partito fratello della Cdu.
Non ci sarà una Lista Zaia nella corsa delle prossime regionali venete, ma il governatore uscente ha alzato il tiro, introducendo in maniera esplicita nel dibattito quel “paradigma bavarese” a cui i leghisti della vecchia guardia hanno sempre guardato con attenzione, e che si presenterebbe alla stregua di un “sindacato del Nord” e di un partito macroregionalista in grado di accogliere altri presidenti di Regione settentrionali, a partire da Massimiliano Fedriga.
Si potrebbe osservare che la Dc nazionale tedesca di Friedrich Merz (per non parlare delle versioni precedenti) risulta alquanto lontana dall’orientamento salvinianvannacciano, ma il ritorno – nelle parole di Zaia – dell’istanza federalista e di quella territorialista proprio mentre l’autonomia tanto inseguita langue a livello legislativo ha un significato netto. E un peso politico ed elettorale, come pure di posizionamento interno al partito (paradossalmente) “leninista” per antonomasia.
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