Le promesse che non servono ai giovani

La premier Meloni rilancia con Salvini un progetto già annunciato e mai attuato. Ma senza interventi strutturali su lavoro, servizi e fisco, il nodo giovani e famiglia resta irrisolto

Marco ZatterinMarco Zatterin

L’Italia è una Repubblica fondata sulla memoria corta. Giorgia Meloni, che lo sa bene perché è una leader dalle plurime qualità, ne approfitta per affrontare uno dei gravi malanni che affliggono la nostra società, denunciando il problema dei giovani che non mettono su famiglia, e assicurando che «una delle priorità sulle quali intendiamo lavorare insieme al Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è un grande piano casa a prezzi calmierati».

È una soluzione possibile; sarebbe un ottimo inizio. Peccato che la strategia è definita da una manovra precedente e avrebbe già dovuto essere attuata da un apposito Dpcm che non s’è visto. Ora l’idea viene rivenduta come nuova, ancorata alla prossima legge di Bilancio che cercherà i fondi necessari (600 milioni, si dice). Entro fine anno, naturalmente. Quando la prima tornata del voto regionale sarà alle spalle, la festa sarà passata e il santo – spera la maggioranza – sarà stato gabbato, il che non è detto.

I ragazzi vivono in un mondo difficile e precario. Non vanno a vivere insieme, e dunque non generano prole (1,18 figli per donna contro la desolante media europea di 1,38), perché in gran parte non possono permettersi un tetto. I salari sono troppo spesso insufficienti a sostenere il livello di vita al quale ritengono di poter aspirare, e il lavoro non offre garanzie sufficienti per guardare al futuro con relativa serenità. È tutto da dimostrare che l’offerta di una casa a prezzo calmierato – magari in una città o in una zona periferica alla quale non ambiscono – risponda da sola ai loro dubbi. Servirebbe più di uno slogan agostano per avere un orizzonte. Servirebbe un impianto di interventi strutturali che affrontasse il nodo dell’impiego, delle tariffe, dell’abitazione, nonché la disponibilità dei servizi che aiutano una coppia che lavora a far crescere bene i bimbi, assistenza e asili per dirne due.

L’edilizia sociale popolare è una carta da giocare - Confedilizia stima che in Italia gli alloggi non assegnati sono 86 mila. Non la sola, ovviamente. Si potrebbero semplificare la burocrazia e i costi per l’acquisto di un appartamento; facilitare gli affitti per tipologia, età e reddito; agevolare e rendere meno onerosa l’accensione di un mutuo; riformare il catasto per adeguare i valori di mercato, nel bene e nel male. Tutto ciò è necessario perché non sarà una sola mossa a cambiare le sorti di una partita che per molti è impossibile. A ben vedere, bisognerebbe toccare una serie di posizioni di interesse garantite che potrebbero costare voti. Non lo faranno. Non così.

Analogo il discorso sul fisco – la pressione cresce e le carte restano inevase – e sull’energia – la premier è consapevole, perché lo diceva, che la svolta verrà col il disaccoppiamento delle bollette e non coi contributi a fondo perduto. Silenzio sulla sanità. Poco sul lavoro, «mai andato così bene». Si finisce assorbiti nel multiverso delle promesse generiche dall’esito carente. Per Meloni il pubblico vuole che la politica «abbia coraggio di affrontare i problemi più complessi anche a costo di fallire». Sacrosanto. Questo impone di andare oltre i proclami elettorali che non servono al Pil. Altrimenti tornerà la dissacrante profezia di Corrado Guzzanti, secondo cui «la risposta è dentro di noi epperò è sbagliata». 

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