La crisi francese e gli imperdonabili errori dell’Eliseo

All’impossibilità di dar vita a maggioranze parlamentari plausibili, si affianca la palese debolezza di Macron. Il presidente è il primo responsabile dell’accaduto

Renzo Guolo
Il presidente francese Emmanuel Macron
Il presidente francese Emmanuel Macron

La caduta del governo Barnier innesca una crisi senza precedenti nel sistema politico francese nato con la Quinta Repubblica.

Tanto più grave perché, all’impossibilità di dar vita a maggioranze parlamentari plausibili, si affianca la palese debolezza di Macron. Il presidente è il primo responsabile dell’accaduto.

Dopo aver sciolto il Parlamento e favorito, alle elezioni legislative, la nascita di uno schieramento “repubblicano” - comprendente, oltre che la “macronia” centrista, la destra conservatrice post-gollista e il Nuovo Fronte popolare capace di riunire le diverse sinistre - che fermato la destra di Marine Le Pen, l’inquilino dell’Eliseo ha ignorato le indicazioni degli elettori, che nelle urne avevano premiato il Fronte delle sinistre.

Macron ha, invece, dato l’incarico di formare il governo a un esponente del partito conservatore, giunto quarto. Via imboccata dopo che l’Eliseo aveva, invano, lavorato per la rottura tra i socialisti e la France Insoumise di Melenchon e la nascita di una maggioranza imperniata, innanzitutto, su socialisti e macroniani.

Ipotesi tramontata davanti alla decisione delle diverse componenti del Nfp di mantenere l’unità nonostante le evidenti divergenze programmatiche.

Rifiutando di incaricare un’esponente del Fronte Popolare, che avrebbe cercato di volta in volta l’appoggio in Parlamento, Macron ha consegnato Matignon a un primo ministro che aveva poche chance di sopravvivenza e destinato a diventare ostaggio del Rassemblement National (Rn) di Le Pen, tornata così in gioco dopo la bruciante, e inattesa, sconfitta di inizio estate.

Dopo tre mesi, però, la leader di Rn ha rotto il “giocattolo”, aggiungendo i suoi voti alla mozione di sfiducia a Barnier presentata dalla sinistra.

Il liberismo spinto del premier incideva, infatti, anche sulla carne viva della componente popolare del blocco sociale di Rn . Inoltre, Le Pen punta a candidarsi all’Eliseo in caso di dimissioni di Macron: prospettiva che gli sarebbe preclusa dall’eventuale condanna legata ai noti guai giudiziari.

Re Sole Macron, dunque, è nudo. È possibile che incarichi qualcuno che possa ottenere il via libera lepenista, meno rigido sul contenimento del deficit: ma si tratterà, pur sempre, di una soluzione fragile, legata anche all’esigenza di ricevere Trump , e altri capi di Stato, con un governo in carica in occasione della riapertura di Notre-Dame.

Non è garantito, comunque, che un nuovo esecutivo di minoranza abbia vita lunga. Potrebbe durare qualche mese e poi cadere, per essere sostituito da un altro, di corta durata e analoga debolezza.

Sino a giungere all’estate, quando sarà di nuovo possibile sciogliere il Parlamento. In ogni caso, Macron ne uscirà logorato: le scelte di quei governi gli verranno inesorabilmente attribuite.

Inutile, in un sistema politico nato per fare del presidente una sorta di monarca assoluto, fingersi garante all’italiana: è espediente che non trae in inganno i francesi.

Agendo come ha fatto, Macron pensava di riaffermare la sua centralità; in realtà ha solo reso instabile la Francia. Se l’ennesimo, tentativo di separare i socialisti, che chiedono un premier di sinistra, dalla France Insoumise non sortisse effetto, non è escluso che, prima o poi, sia costretto a lasciare.

A contendersi l’Eliseo potrebbero essere allora, a sinistra Melenchon, a destra Le Pen: i leader di quelle ali estreme che Macron aveva scompostamente tentato di tagliare.

Nemesi frutto di clamorosi errori politici.

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