Il leader solo e le insidie per i 5 stelle

Il leader abituato a "far fuori" gente del calibro di Salvini, Draghi e Grillo, oggi sarà confermato Presidente del Movimento 5 stelle. In una competizione nella quale è in corsa contro sè stesso: candidato unico, nessuno tra gli altri 76 aspiranti, o dei 21 ammessi alla raccolta delle sottoscrizioni, è riuscito presentarsi come sfidante

Fabio BordignonFabio Bordignon
Il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte
Il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte

Sarà un Conte scontato, per una volta. Il leader abituato a "far fuori" gente del calibro di Salvini, Draghi e Grillo, oggi sarà confermato Presidente del Movimento 5 stelle.

In una competizione nella quale è in corsa contro sè stesso: candidato unico, visto che – leggiamo sul sito del partito – nessuno tra gli altri 76 aspiranti, o dei 21 ammessi alla raccolta delle sottoscrizioni, è riuscito presentarsi come sfidante. Il che sottolinea come il Movimento sia sempre più il partito di Conte. Un leader solo, con tutti gli elementi di forza, ma anche le insidie, che ne derivano.

Fin dalle origini, d'altronde, il M5s ha sempre esibito una forte impronta personale. Che si è mantenuta anche successivamente all'accantonamento del Fondatore, Grillo.

A dispetto degli elementi carismatici e persino "proprietari" che facevano apparire l'ex-comico insostituibile. E inamovibile.

Ancor più significativo è che il ruolo di Conte tenda a consolidarsi in una prolungata fase di declino elettorale. Perché, se è vero che le elezioni regionali o europee non configurano il terreno tradizionalmente più favorevole ai 5s, anche le performance nei sondaggi rimangono poco incoraggianti, con il partito fermo al 13%.

Dopo i recenti insuccessi, c'è stato il guanto di sfida lanciato dalla ex-sindaca di Torino Chiara Appendino, con le dimissioni da vice e la denuncia del percorso di "normalizzazione" del Movimento.

Troppo poco, almeno per ora, per impensierire veramente l'ex-Presidente del Consiglio. Forte, anzitutto, di un significativo seguito personale: una fanbase venuta a formarsi, in particolare, durante la permanenza a Palazzo Chigi.

L'esperienza da premier, in particolare quella del Conte 2, costituisce il vero mito fondativo del suo progetto politico. Conte vi fa riferimento, implicito o esplicito, in ogni dichiarazione, in ogni post, in ogni intervista. Proponendo una narrazione nella quale il Noi del Movimento sfuma nel Noi della squadra di governo da lui guidata.

Con l'io del leader in evidenza. Svelando il mai negato obiettivo del "ritorno", e quella vocazione maggioritaria che, come abbiamo scritto qualche settimana fa, il M5s sembra avere ormai sottratto al Pd. Del quale non accetterà mai di fare da junior partner, al di là degli attuali rapporti di forza.

Per questo Conte continuerà a smarcarsi, rispetto all'abbraccio con Schlein. La repulsione verso qualsiasi forma di alleanza, che caratterizzava il "primo" movimento, si traduce oggi nell'indisponibilità ad entrare in un patto organico con il Pd.

In favore di una relazione "aperta", da ri-negoziare di volta in volta. Dettando le proprie condizioni e, ove possibile, i propri candidati.

Come è avvenuto in Sardegna, con Todde.

Poi, con molta meno fortuna, in Calabria, con Tridico. Ma l'impressione è che la sfida chiave sia quella della Campania, dove il M5s schiera Fico. Dove si sostiene che, anche a causa dell'incognita De Luca, la partita sia meno scontata di come poteva apparire qualche settimana fa. Sicuramente meno scontata della rielezione di Conte, il leader solo. Che da solo sarebbe chiamato a rispondere di un eventuale passo falso. Saprebbe sicuramente trovare buone spiegazioni. E rimanere in piedi.

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