Europa tra avanguardia e declino: il difficile ruolo dell’Ue nello scenario globale

Regolazione dei colossi digitali, difesa dei valori liberali, ma anche istituzioni incompiute: Bruxelles tra ambizione e fragilità strutturali

Fabio BordignonFabio Bordignon

Avanguardia o retroguardia? Solido baluardo del liberalismo democratico o cadente relitto di un mondo in via di estinzione? Difficile dire cosa rappresenti oggi l’Europa; cosa rappresentino, in particolare, le istituzioni di Bruxelles dentro le vorticose correnti dello scenario globale.

Di sicuro l’Ue suggerisce, su molti aspetti, un quadro “deviante” rispetto alle dinamiche che caratterizzano il panorama internazionale, e al profilo dei suoi attori dominanti.

I grandi player globali, politici, ma anche economici: quelle corporazioni citate dal presidente Sergio Mattarella nel suo intervento di sabato a Cernobbio, che con il loro «straripante peso» occupano spazi di esclusivo dominio, un tempo, degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Il pensiero va subito ai colossi del digitale, ai signori delle piattaforme.

Google, ad esempio, colpita dall’Ue con una multa da 2,95 miliardi di euro per distorta concorrenza. Certo – si potrebbe obiettare – Donald Trump procede in modo non molto diverso, con la politica dei dazi. Nel caso dell’Ue, tuttavia, a prevalere è sempre il tentativo di regolare ambiti nei quali, altrimenti, prevale la legge del più forte. Di mettere ordine dove regna il disordine.

Un ragionamento analogo, e intrecciato in maniera molto stretta a quanto si osserva all’incrocio tra economia ed evoluzione tecnologica, si potrebbe fare sul piano più specificamente politico. Circa il ruolo dell’Ue nella difesa dei valori liberali e della democrazia. Di principi e forme politiche che, in molti Paesi, non sono di casa o sono esplicitamente avversate, come nel caso delle autocrazie che nei giorni scorsi hanno sfilato a Pechino.

Oppure non sembrano più in testa alle preoccupazioni di chi governa, come nel caso dell’America trumpiana. E non solo. Uno sforzo, quello dell’Ue, che, per chi ritiene irrinunciabili tali valori, appare meritorio, necessario. Con il sospetto che, anche in questo caso, l’Europa si erga a difensore di un modello destinato a risultare perdente, o comunque inadeguato alle sfide del mondo globalizzato.

Quel che è difficilmente negabile è che l’Ue affronti tali sfide a partire da un assetto istituzionale che svela troppo spesso la propria inadeguatezza. Incompiutezza.

Persino i limiti sul piano della democraticità. Anzitutto nella sfera del “governo”. Proprio su questo punto interviene l’appello firmato nei giorni scorsi dall’ex commissario Paolo Gentiloni insieme ad altri colleghi europei, che propone di fondere figure e ruoli del presidente della Commissione europea e del presidente del Consiglio europeo. L’obiettivo è quello di rendere le decisioni dell’Ue più tempestive ed efficaci, ma anche più direttamente collegate ai processi elettorali.

Del resto, se guardiamo agli altri player globali citati in precedenza, ci troviamo di fronte attori fortemente centralizzati e personalizzati: vale per le leadership politiche come per la guida dei colossi di Big Tech. L’Europa, al contrario, continua a rimanere una creatura a troppe teste, rallentata dalla congenita tensione tra la dimensione comunitaria e quella nazionale. Con il risultato di risultare acefala incapace di esprimersi con una sola voce: di pensare e di pensarsi con una sola testa. 

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