Diritti civili, i cittadini bocciano la politica
E oggi ci sarebbe da attendersi un giudizio ancora più impietoso, alla luce di due sentenze emesse in questi giorni dalla Corte Costituzionale: una sul fine vita, l’altra sui bambini figli di due mamme


4 in pagella. La dice lunga, il voto che gli italiani assegnavano al Parlamento ancora pochi mesi fa, come rilevato dall’Istat; ancor peggio i partiti, castigati con un secco 3.
Si rifacessero oggi gli scrutini, c’è da attendersi un giudizio ancora più impietoso, alla luce di due sentenze emesse in questi giorni dalla Corte Costituzionale: una sul fine vita, l’altra sui bambini figli di due mamme. Entrambe accompagnate da un formale richiamo alle Camere a fare il loro dovere, emanando leggi che da troppo tempo mancano: l’odierno sollecito è l’ultimo di una serie iniziata nel primo caso nel 2019, nel secondo nel 2021. Due vicende partite dal Nord Est: per il fine vita a Udine, con Eluana Englaro; nel secondo a Padova, con le madri arcobaleno.
Su questi temi assolutamente primari, che riguardano i diritti del nascere e del morire, la politica si trincera dietro un riprovevole cono d’ombra, abdicando al proprio ruolo istituzionale, anzi addirittura invertendolo: nelle aule tace, mentre dovrebbe parlare, nelle piazze si scatena, mentre dovrebbe stare zitta. Nell’uno come nell’altro caso, viene calpestato il diritto fondamentale dei cittadini di ottenere una normativa chiara e omogenea a livello nazionale; per evitare che ogni singolo pezzo d’Italia si regoli in proprio e in modi diversi, come sta accadendo, nel tentativo comunque di rispondere a concretissime domande poste dai vissuti quotidiani delle persone: come le cronache documentano in abbondanza.
Chi sta entrando nella morte con sofferenze inaudite, come chi gli sta a fianco con amore e con dolore, ha diritto a un percorso rapido e chiaro, senza subire l’ulteriore tormento di norme precarie e di burocrazie ottuse. Chi nasce da due mamme, voluto e desiderato come e quanto i figli di un padre e una madre, ha diritto a non diventare di fatto orfano di colei che l’ha partorito, venendo esposto a una crescita priva delle tutele di cui godono gli altri bambini. Gli uni e gli altri non possono, non devono, diventare vittime innocenti di un ripugnante gioco praticato sulla loro pelle. Come invece fa una deteriore politica ostaggio dei partiti, impegnata a scontrarsi in modo becero su qualsiasi tema senza mai decidere: fino a includere in questa follia perfino i due momenti chiave del nascere e del morire.
A chiederlo in primo luogo è la Corte Costituzionale, l’organo supremo che presidia il rispetto dei diritti e dei doveri sanciti nella Carta fondamentale del Paese. E sono gli italiani a cui a ogni elezione i partiti si rivolgono per ottenerne il via libera a rappresentarli: facendo il proprio compito istituzionale, non delegandolo alle sentenze della magistratura; salvo poi criticarla accusandola di ingerenza indebita. Vale per chi nasce, vale ancor più per chi muore. E qui occorre richiamare un passaggio dell’ultima pronuncia della Corte in materia: lì dove si denuncia che «nel nostro Paese non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti, sia domiciliari che ospedalieri», elencando al riguardo le lunghe liste di attesa, la carenza di personale formato, la sperequata distribuzione territoriale dell’offerta.
È una risposta netta a quanti proclamano a parole il sacrosanto principio delle cure palliative come alternativa nel fine vita. Fermandosi però qui, anziché segnalare i pesanti e persistenti ostacoli alla loro attuazione pratica; e indicandone con chiarezza i responsabili. Un silenzio che chiama in causa soggetti diversi: inclusa la Chiesa, forse dimentica che tra i peccati figurano pure quelli di omissione.
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