I freni ideologici della sinistra
Nonostante il recupero ottenuto con Manildo e il ritorno a un consenso più solido, il centrosinistra resta lontano dalla vittoria in Veneto. Il problema è profondo: mancanza di rinnovamento, temi lasciati al centrodestra e nessuna strategia di lungo periodo

Nessuno avrebbe scommesso 5 centesimi su una vittoria del centrosinistra. Nel Veneto il centrosinistra non vince mai. È curioso che in Italia nessuno si chieda perché. Non ricordiamo di aver mai letto una riga in proposito, fuori dal giro degli specialisti che scrivono più che altro per i loro colleghi.
Eppure, visto dall’esterno, con il movimentismo del voto che ci ritroviamo oggi, dovrebbe apparire un mistero interessante da indagare. E da raccontare nei circuiti frequentati dalla massa normale dei lettori. Qualcosa potrebbe succedere. Almeno un aumento di consapevolezza sui motivi.
È curioso soprattutto che non se lo chiedano le dirigenze nazionali dei partiti interessati. Forse comincerebbero a mettere in moto azioni diverse. Immaginiamo che non lo facciano perché servirebbe troppo tempo, troppo lavoro, investire sulle persone, indagare sulle cause, studiare strategie. Meglio dare il Veneto per perso e ripiegare sul lato B dell’amministrare: condizionare chi governa dall’opposizione, mettergli i bastoni tra le ruote per costringerlo a venire a patti. Qualcosa si porta a casa.
Non sempre. Nel 2020 il centrosinistra con il suo 15% non aveva raggiunto neanche il numero di consiglieri sufficienti per chiedere una seduta straordinaria del Consiglio regionale. Figurarsi mettere il bastone tra le ruote.
Stavolta almeno questo riuscirà. Giovanni Manildo, con una paziente rete di alleanze confluita in 7 liste, ha risollevato la coalizione dal buco nero nel quale era precipitata. Il centrosinistra è tornato a posizionarsi attorno alla quota che aveva sempre occupato prima del 2020, quando Luca Zaia realizzò il mirabolante 76,7%. Avrà una rappresentanza in Consiglio in grado almeno di garantire un controllo efficace sul governo regionale.
Ma per diventare competitivi ci vuol altro. Per esempio svecchiare le linee. Ci sono giovani molto bravi in circolazione, qualcuno è arrivato anche in Consiglio, ma trovano tutte le sedie occupate. Soprattutto serve abbandonare vecchie fisime ideologiche. La prima dovrebbe essere l’impostazione di temi come la sicurezza, colpevolmente lasciata al monopolio del centrodestra. Perché? Quando il centrosinistra torna a casa la sera non chiude anche lui la porta a chiave?
Luca Zaia non è nato con 200.000 preferenze, è partito dalla gavetta investendo sul futuro. Ha macinato anni e chilometri. Il centrosinistra veneto non ha mai investito sul futuro. Ha avuto l’occasione storica nel 1995, quando il centrodestra si presentava diviso. Era un regalo piovuto dall’alto, bastava candidare Tina Anselmi perché il sorpasso diventasse matematico. Sono riusciti a sperperarlo. Inutile rimestare per chi e perché, quell’autobus non è più ripassato. Ma se dal 2000 in poi tutti i candidati alla presidenza, per un motivo o per l’altro, hanno scelto di abbandonare la compagnia qualche domanda bisognerebbe farsela. Manildo ha rimesso in piedi la coalizione. Una buona base per ripartire, in attesa del resto. —
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