Le armi che compongono l’arsenale dei nuovi conflitti
Quando si parla delle conseguenze delle guerre, si fa generalmente riferimento a morti, feriti, distruzioni, odi duraturi che ne derivano. Ma dobbiamo ricordarci anche di quello che lasciano a tutto il mondo: un insieme di armi più pericoloso e devastante che in passato


Le guerre attuali stanno mettendo in campo un vero arsenale di nuovi strumenti bellici, ma rimettono in uso anche armi che pensavamo appartenessero al passato. Molto si parla dell’uso dell’informatica per agire sull’opinione pubblica, dei paesi nemici come di quelli neutrali.
L’azione russa sulle elezioni nelle democrazie, dalla Romania agli stessi Usa, è ampiamente nota, ma poco si fa per contrastarla. Meno chiaro è se siano state già messe in campo forme di sabotaggio a distanza dei sistemi-rete da cui dipende la vita di un paese moderno. Se n’è parlato a proposito del grande black out della penisola iberica in aprile anche se non ce ne sono prove sicure. Certo la possibilità esiste, dunque è probabile che prima o poi se ne faccia uso.
Tra le armi usate direttamente sui teatri di guerra - estesi di fatto a interi paesi - la novità forse più importante sono i droni, veicoli senza pilota comandati a distanza e oggi ancora più spersonalizzati dal ricorso all’intelligenza artificiale.
Da parte russa i droni sono usati per bombardamenti a tappeto indiscriminati come ai tempi della seconda guerra mondiale. L’Ucraina ha dimostrato che se ne può fare un uso più selettivo e “intelligente”. Ma c’è anche un impiego mirato e atroce di queste armi: come i droni che vengono usati, in Ucraina come a Gaza, per una vera caccia all’uomo anzi spesso alla donna e al bambino. Dietro l’angolo lo sdoganamento delle armi nucleari che metterebbe fine a decenni di “equilibrio del terrore”.
Al loro uso si è andati vicini nei giorni di scontro armato tra India e Pakistan, mentre sul fronte ucraino si parla di atomiche “tattiche” che per la loro contenuta carica distruttiva sarebbero lecite anche sul terreno di combattimento. Ma un’atomica oggi detta “tattica” può avere anche tre volte la potenza della bomba che distrusse Hiroshima e se venisse utilizzata molto difficilmente si eviterebbe una “reazione a catena” di distruttività incontrollabile.
Un’arma meno devastante ma non meno insidiosa è l’uso del terrorismo direttamente degli Stati in guerra. È il caso dell’insieme di azioni compiute da singoli, reclutati e pagati proprio dalla Russia, per i quali si parla di terroristi free lance: hanno ridotto in cenere un grande centro commerciale polacco, e hanno messo in circolo nella rete Dhl pacchi esplosivi che avrebbero potuto provocare danni molto più gravi di quanto accaduto. L’intreccio guerra-terrorismo presente da tempo nei conflitti “dimenticati” in Africa ora sta dilagando ovunque.
Non dobbiamo scordare l’uso di barbari strumenti più antichi. Come le mine anti-uomo, le più a basso costo tra le armi che possono devastare interi territori: milioni ne sono state depositate tra Russia e Ucraina e anche nel Myanmar in preda a una guerra civile.
E poi c’è l’arma più vecchia e atroce: la fame. Dopo l’assedio di Leningrado (1941-44) la tecnica di “prendere per fame” le popolazioni nemiche poteva sembrare superata. Nel caso di Gaza invece viene usata in modo spaventoso e indiscriminato, come puro strumento di sterminio. Quando si parla delle conseguenze delle guerre si fa generalmente riferimento a morti, feriti, distruzioni, odi duraturi che ne derivano. Ma dobbiamo ricordarci anche di quello che lasciano a tutto il mondo: un insieme di armi più pericoloso e devastante che in passato, alcune delle quali - le mine - potranno continuare a uccidere anche decenni dopo la fine dei conflitti. Ammesso che si riesca a farli finire.
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