Se stare assieme ci interessa poco

L’amore oggi è svanito: al suo posto c’è un narcisismo svuotato e generalizzato, che fa coppia con l’odio. Il nostro stare assieme non appare più credibile

Pier Aldo Rovatti

La parola “amore” si usa poco: sembra scritta su uno di quei bigliettini che accompagnano i dolcetti. Invece, la parola “odio” entra nella gran parte delle narrazioni con le quali descriviamo il nostro opaco presente.

«Odio e amo», ricordate quei versi latini che ci leggevano a scuola? E forse qualcuno ricorda anche il seguito: «Perché lo faccio non lo so».

Ma questo è ormai un mondo trapassato: la coppia si è dissolta. Resta lì, dentro e davanti a noi, soltanto l’esperienza dell’odio, che non vorremmo ci appartenesse, ma che ciascuno conosce bene, anche se la rifiuta.

L’amore è oggi quasi sempre una facile retorica. L’odio è invece una realtà che ogni giorno alimentiamo, attraverso i media, certo, ma non perché i media ce la inventano, piuttosto perché avvertiamo che ci riguarda da vicino, anche se vorremmo tutti allontanarla.

Quanto al legame tra odio e amore (prima l’odio, poi l’amore, come risulta dallo stesso verso latino), oggi proprio non ne rimane traccia: non sappiamo cosa possa significare il fatto che stiano stranamente assieme.

Alla base di questa condizione che cosa troviamo? È abbastanza facile la risposta a una simile domanda: troviamo – per dirla in breve – una crescente difficoltà di stare assieme, di essere parte di una effettiva comunità, di avere legami concreti con quelli che ci stanno attorno e con tutti quegli altri che vivono (e muoiono) lontano da noi.

Come se ormai sperimentassimo che tale comunanza sta diventando ogni giorno di più un’illusione, qualcosa di cui continuiamo a parlare ma alla quale nessuno crede più. Verrebbe quasi da dire: è un gioco di società che ancora facciamo ma a cui nessuno crede davvero.

Giochiamo a stare assieme, però nessuno si diverte granché, anzi preferiamo ormai altri giochi che mettano in campo il rischio e la perdita. La metafora del gioco serve anche a farci capire, oltre al fatto che questo tipo di pratica quasi sempre ci annoia, anche il fatto che la socialità sta proprio diventando una specie di gioco. Non un gioco di società, ma proprio la società vissuta come gioco (e perdipiù poco divertente).

Come possiamo negare che lo stare assieme diventa, per noi, sempre più una messa in scena, e come negare che questa teatralità perda via via i propri attori e diverta sempre meno gli spettatori, che infatti si stanno rarefacendo? La conclusione che se ne può ricavare è alquanto triste: lo stare assieme è poco divertente sia per chi lo esibisce, sia per coloro che sono lì per vederlo.

È davvero triste che attualmente lo stare assieme non risulti un’esperienza da applaudire, anzi che si sia ridotto a qualcosa di poco interessante, sia per quelli che la stanno mostrando, sia per quelli che dovrebbero trarne esempio. Triste perché ci presenta uno scenario nel quale la difficoltà di socializzare mostra, a volte in modo chiaro, che non si vuole far società perché sta diminuendo il nostro desiderio di stare assieme.

Come possiamo negare che tendiamo a essere sempre più interessati a coltivare la nostra separata individualità? È innegabile che il desiderio individualistico risulti oggi come il più diffuso, ed è altrettanto innegabile che non vogliamo vedere i limiti e i rischi di tale desiderio, al punto che gli altri attorno a noi vengono di solito considerati dei comprimari che possono esserci e non esserci.

Sarebbe un passo avanti se riuscissimo a percepire come il nostro egoismo individualistico e la nostra tendenza a percepire l’odio come una componente non secondaria dell’attuale modo di vivere, procedano, per così dire, a braccetto. Eccoci di fronte a una nuova coppia, che sembra la triste (e angosciosa) parodia di quella che sembrava unire odio e amore.

L’amore è svanito. Al suo posto troviamo un narcisismo svuotato e ormai generalizzato che fa coppia con l’odio, in una situazione che ci appartiene con una trasparenza sempre più preoccupante. Sembra lontano, ma l’odio ce lo teniamo sempre vicino: lo rifiutiamo e al tempo stesso lo pratichiamo. Il risultato è che il nostro stare assieme non appare né realizzato né credibile, perché quasi sempre è il nome fittizio del desiderio di restare soli con noi stessi.

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