Vino, bottiglie più care fino al 30% per i consumatori
A dirlo è The Wine Net che ha presentato i risultati di una ricerca effettuata dal proprio Osservatorio. Secondo l’indagine, dalla primavera i prezzi dei vini in Gdo e Horeca sono destinati ad aumentare, dal 10 al 30 per cento, a causa di un rincaro medio dei listini delle aziende, calcolato tra l’8 e il 12 per cento, dovuto agli aumenti eccezionali dei costi di materie e servizi. Questa situazione, inevitabilmente, si ripercuoterà sui prezzi finali per il consumatore

PADOVA. Se è vero che il vino italiano nel 2021 ha raggiunto livelli record con un valore di oltre 12 miliardi superando anche i risultati del periodo pre Covid; e che oltre alle esportazioni cresciute del +15% - superata per la prima volta quota 7 miliardi di euro…, si impennano anche gli acquisti familiari che nei primi nove mesi dell’anno scorso sono lievitati del 9,7% nella GDO, la Grande distribuzione organizzata (analisi Coldiretti su dati Iri – Infoscan); è altrettanto evidente che non sarà facile mantenere queste performance nel 2022.
Da qui l’analisi di The Wine Net, rete nata nel 2017 tra alcune importanti cantine cooperative: Cantina Valpolicella Negrar (Veneto), Cantina Pertinace (Piemonte), Cantina Frentana (Abruzzo), Cantina Vignaioli Scansano (Toscana), CVA Canicattì (Sicilia), La Guardiense (Campania), Cantina Colli del Soligo (Veneto).
Il Presidente è Daniele Accordini, Direttore Generale di Valpolicella Negrar, che subito precisa che se volgiamo lo sguardo al consuntivo, quindi indietro, lo scenario è nitido e caratterizzato dal segno più; ma guardando avanti, in una logica previsionale, si entra in un quadro ansiogeno per l’affiorare di molti meno. Causa l’aumento dei costi, certo dell’energia, ma anche delle cosiddette “materie secche” che per il vitivinicolo sono vetro per le bottiglie, cartone per gli imballaggi, plastica per le capsule e via dicendo; rincari anche a due cifre percentuali, non più sostenibili alla produzione senza un adeguamento dei prezzi.
La questione è complessa. La definizione del prezzo è frutto di trattative non semplici, una sorta di compromesso non matematico tra remunerazione dei costi e giuste marginalità. Negoziazione che vale sia a livello nazionale (GDO, HORECA, ristoranti, enoteche, etc.), che internazionale (intermediari vari). Ecco perché è necessario attrezzarsi, unire le forze per presentarsi in modo più efficace nel confronto con queste controparti.
The Wine Net ha così presentato i risultati di una ricerca effettuata dal proprio Osservatorio costituito per analizzare la situazione di mercato. Secondo quanto emerso dall’indagine, dalla prossima primavera i prezzi dei vini in GDO e HORECA sono destinati ad aumentare a causa di un rincaro medio dei listini delle aziende, calcolato tra l’8% e il 12%, dovuto agli aumenti eccezionali dei costi di materie e servizi. Questa situazione, inevitabilmente, si ripercuoterà sui prezzi finali per il consumatore.
Presidente Accordini, quale sarà la reazione del mercato?
«Lo scenario è diversificato. Mentre nel canale HORECA gli operatori hanno accettato queste variazioni, la GDO oppone maggiori resistenze anche se non mancano realtà che hanno compreso la situazione».
Cosa avete deciso di fare?
«Nel caso in cui la Grande Distribuzione voglia mantenere inalterati i margini, un rincaro medio del 10% dei nostri listini si tradurrà in un aumento del prezzo finale al pubblico tra il 10 e il 30%. Eppure, alcune insegne stanno già facendo campagne pubblicitarie rivolte al consumatore per rassicurarlo sull’assenza di aumenti, facendo ricadere il mancato profitto solo sulle cantine. La soluzione corretta dovrebbe essere la trasparenza verso il cliente finale, all’insegna di una “economia etica” che ripartisca i disagi su tutti gli attori, non solo su una categoria, solo assieme si può vincere».
Si apre quindi una nuova problematica, ovvero il posizionamento economico, cioè di prezzo, di alcune denominazioni che con questa situazione rischiano di non essere più appetibili per il consumatore.
«Il rischio è che alcune tipologie di vino divengano più convenienti da vendere come ‘sfuso’ anziché imbottigliato. Ad esempio, nel caso del Valpolicella base o del Montepulciano d’Abruzzo, posizionati da sotto i 3 euro ai 7, il rischio è perdere mercato perché il consumatore non sarà disposto ad un aumento di 1 euro nel prezzo finale. Un danno enorme, visti gli sforzi fatti in questi anni per promuovere la vendita di imbottigliato con propria etichetta per dare maggiore valore».
Ragionamento che vale anche per l’export?
«Direi di no, ma bisogna saper fare squadra, come dimostra l’esempio di The Wine Net. Con noi gli importatori, in gran parte, hanno accettato di ripartire in modo equo un rincaro previsto del 15 – 18%, con un 8% sostenuto dalla Cantina con il mancato guadagno, un 5% di aumento dei listini e un 5% di assorbimento da parte dell’importatore».
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