Veneto Banca: Schiavon, 'miope chi brindò all’arresto di Consoli

Verrà il momento in cui si comprenderà che quanto è avvenuto alle banche popolari venete, e non solo, deriva da un nubifragio che ha origini lontane». È il commento di Giovanni Schiavon, ex presidente del Tribunale di Treviso, ex leader dell'«Associazione azionisti di Veneto Banca» e vicepresidente dell'istituto fra aprile del 2016 e luglio 2017

TREVISO. «Quando arrestarono Vincenzo Consoli c'era gente che brindava ma per miopia. Verrà il momento in cui si comprenderà che quanto è avvenuto alle banche popolari venete, e non solo, deriva da un nubifragio che ha origini lontane».

È il commento di Giovanni Schiavon, ex presidente del Tribunale di Treviso, ex leader dell'«Associazione azionisti di Veneto Banca» e vicepresidente dell'istituto fra aprile del 2016 e luglio 2017, alla decisione della magistratura di Treviso di archiviare molti dei capi d'accusa che riguardano vari amministratori della banca di Montebelluna (Treviso), in seguito rilevata da Intesa Sanpaolo. Le uniche contestazioni ancora perseguibili sono quelle di aggiotaggio, ostacolo e falso in prospetto nei confronti di Consoli, ex amministratore delegato.

«Secondo me - prosegue Schiavon - l'insolvenza di Veneto Banca non era ravvisabile nè quando si è inserito il Fondo Atlante, nè quando fu rilevata da Intesa. Quindi non saprei proprio come sia stato possibile prospettare la bancarotta». Se gli amministratori hanno responsabilità solo marginali, dunque, l'ex magistrato non ha dubbi nell'attribuire le colpe di quanto si è verificato, con le conseguenti pesanti ricadute sull'azzeramento dei titoli in mano ai risparmiatori, ad una rete di concause che partono «dal decreto Renzi (l'obbligo per le banche popolari al di sopra di certi livelli di attivo a trasformarsi in Spa) e continuano con la politica bancaria imposta dalla Bce».

«A noi del Cda - prosegue Schiavon - sembrava di essere commissariati, temevamo di avere i telefoni sotto controllo. Quando dovevamo discutere di argomenti di una certa delicatezza - ricorda - lasciavamo i cellulari in ufficio e ci riunivamo in terrazza». Rispetto alle intenzioni espresse da alcune associazioni, nelle ultime ore, di procedere nei confronti degli ex amministratori di Veneto Banca attraverso un ricorso in Cassazione, Schiavon si dimostra scettico. «Non credo questo possa avere successo. Molte persone non hanno forse capito - conclude - che non c'è un nesso di causalità fra le presunte responsabilità dei gestori ed il fallimento della banca».

L'archiviazione delle posizioni di quasi tutti gli imputati per il crac di Veneto Banca, decisa dal giudice delle indagini preliminari di Treviso, «fa male ma era prevedibile». Il punto di vista è di Patrizio Miatello, leader dell'associazione di risparmiatori «Ezzelino 3/o da Onara», il quale si rammarica soprattutto per il fatto che l'attenzione delle organizzazioni di risparmiatori truffati si sia concentrata prevalentemente sulle azioni volte ad ottenere un risarcimento anziché nell'affiancare i procedimenti penali.

«Avevo insistito a lungo - ricorda Miatello - sul fatto di attivare dei consulenti tecnici di parte a tutela dei risparmiatori, questo non è stato fatto e dunque a questo punto non possiamo recriminare un granché». Secondo Miatello la mancata iniziativa in questa direzione avrebbe reso vane anche alcune delle attività giudiziarie che la Regione Veneto aveva sostenuto attraverso un proprio fondo destinato alla tutela legale dei risparmiatori. «Comunque sia - conclude l'esponente dell'associazione - questo non interferisce con l'altro percorso, cioè quello attraverso il quale, grazie al Fondo di indennizzo per i risparmiatori (Fir), contiamo di poter ottenere i risarcimenti per l'azzeramento dei titoli per i quali combattiamo da anni».

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