Veneto Banca: 1.500 soci "salvi" grazie a Jp Morgan

L'operazione da 35,5 milioni è al vaglio della Consob. Per la Banca tutto regolare. L'investment banking Usa ora è azionista della Popolare di Montebelluna, in 1.500 hanno evitato il tracollo del titolo vendendo a febbraio a 39,50

MONTEBELLUNA. Sono 1.500 i soci che sono riusciti, in extremis, due mesi prima della svalutazione di aprile 2015, a liquidare le proprie azioni Veneto Banca ancora a 39,5 euro. Grazie a Jp Morgan.
L’amministratore delegato della Popolare di Montebelluna, Cristiano Carrus, l’aveva dichiarato poco tempo fa: «Sì, abbiamo venduto azioni fino a febbraio 2015» in risposta alla provocazione del socio e magistrato Giovanni Schiavon che aveva contato 19 mila operazioni tra 2012 e 2015. «Ma dopo l’assemblea - aggiungeva Carrus - nessun titolo è stato trattato»; al valore di 30,50 euro.


Quelle vendite hanno accontentato, si scopre oggi, 1.500 soci di Veneto Banca. Sono loro a essere stati liquidati grazie a quella che Carrus definì, tacendo il nome della controparte, «una grossa operazione internazionale». Ovvero Jp Morgan. «Si tratta di una sola operazione per 35,5 milioni di controvalore di azioni come contropartita di un operazione complessiva per l'acquisto di un portafoglio di mutui vitalizi da 200 milioni di euro» aveva spiegato il ceo. Insomma: in questa operazione era stata inserita anche una compravendita di azioni che però è  finita «nei controlli della Consob».


Tutto regolare per la Banca, «i soci erano in coda nessuno è stato bypassato» aveva confermato il manager. Ma dall’ispezione Consob, che alla data dell’assemblea di dicembre non si era conclusa, nessun rapporto è ancora arrivato in Banca.


Eppure, su quelle vendite, qualcuno aveva avuto qualcosa da dire. Fu l’imprenditore trevigiano Bruno Zago della Pro-Gest, componente anche dell’Associazione Per Veneto Banca, a replicare: «Se hanno venduto si sono dimenticati di me che ho chiesto di uscire oltre tre anni fa».
Due domande restano aperte: la prima è come mai Veneto Banca abbia deciso di investire in un business, quello dei mutui ipotecari vitalizi (ovvero i prestiti concessi agli over 65 a fronte di un’ipoteca), da cui Jp Morgan voleva uscire per i bassi rendimenti. Oggi qualche esperto fa notare che «un’operazione non conveniente per un investiment banking può esserlo per una banca commerciale». Anche con rendimenti più bassi, ma superiori a quelli che la banca stessa produce.
La seconda domanda riguarda invece l’intreccio tra la Banca popolare e Jp Morgan che oggi si ritrova azionista dell’Istituto di Montebelluna.


Le operazioni con la banca Usa di febbraio erano già nel mirino della Consob. In un articolo pubblicato su «La Stampa» il 4 settembre scorso, si faceva notare quei contratti siano stati firmati mentre la Guardia di finanza perquisiva la sede di Veneto Banca. L’acquisto di questo pacchetto riguarda 1.100 prestiti per 205,55 milioni. Ma il 6 febbraio, spiegava il quotidiano torinese, la stessa banca americana concludeva un’altra operazione relativa al dossier Veneto Banca: fornire le garanzie per un finanziamento da 29 milioni di euro a un veicolo irlandese che avrebbe dovuto acquisire da Montebelluna il 10% di Bim. Il veicolo (Duet) faceva parte della cordata, stoppata a giugno dalla Bce, che avrebbe dovuto riportare Bim in mani torinesi.


Consob allora aveva già acceso un faro sul «processo decisionale» che aveva portato a chiudere quell’affare ma, finché non concluderà l’ispezione generale, l’autorità non si pronuncerà. Di certo, quella vendita ha coinvolto un numero significativo di soci e per un importo unitario importante.
Il risultato? Jp Morgan oggi è azionista, Bim non è stata venduta ma in 1.500 sono riusciti a evitare il crollo del proprio investimento.

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