Banca Generali, il no di Mediobanca al tentativo di rinvio di Caltagirone

Il costruttore chiede lo stop all’assemblea di lunedì 16 sull’Ops lanciata sulla controllata del Leone. Piazzetta Cuccia: «Scelta a favore della trasparenza»

Roberta Paolini

Il gruppo Caltagirone gioca l’ultima carta e tenta di bloccare – o almeno rinviare – l’assemblea di Mediobanca del 16 giugno, chiamata a esprimersi sull’Ops lanciata su Banca Generali. Si tratta di un’operazione carta contro carta, nella quale la valuta d’offerta sarà rappresentata dal 13% circa del capitale di Generali detenuto da Piazzetta Cuccia. Una mossa che segnerebbe l’uscita di Mediobanca dal capitale del Leone in cambio della maggioranza di Banca Generali, fra i leader italiani nel wealth management.

A favore dell’operazione si sono già pronunciati i proxy advisor Iss e Pirc, così come le agenzie di rating – tra cui Fitch – e numerosi analisti, a conferma della validità industriale dell’accordo.

Nonostante l’ampio sostegno, Caltagirone – presente in Mediobanca tramite la holding VM 2006 – ha invitato il cda di Piazzetta Cuccia «a proporre all’assemblea convocata il 16 giugno di deliberare il rinvio della medesima» fino a quando non saranno definiti i dettagli della partnership strategica tra Generali, Banca Generali e Mediobanca. «In tale modo – dice la nota – sarà possibile evitare ogni contestazione in ordine al conflitto di interesse che caratterizza l’attuale operato del cda di Mediobanca e consentire ai soci una ponderata valutazione del proprio interesse di investitori». Inoltre VM 2006 «si rivolgerà alla Consob perché assicuri una piena, integra e tempestiva informazione al mercato».

Una presa di posizione quanto meno singolare, alla luce dell’intrico di partecipazioni che ruota attorno al gruppo Caltagirone. Il costruttore romano è infatti azionista di Mediobanca, che ha lanciato un’Ops su Banca Generali, il cui azionista di riferimento è Generali, altra partecipazione dello stesso Caltagirone. Piazzetta Cuccia è oggetto a sua volta di un’offerta pubblica da parte di Mps, partecipata anch’essa da Caltagirone. Lo stesso schema si è ripetuto nell’Opa di Banco Bpm su Anima: anche in quel caso l’imprenditore era socio sia dell’offerente che del target.

E infatti la replica di Mediobanca, anche se per vie informali, non si è fatta attendere. Fonti vicine a Piazzetta Cuccia affermano che «procedere con la convocazione dell’assemblea degli azionisti prima della negoziazione degli accordi distributivi, processo che potrebbe richiedere mesi di lavoro, è una scelta fatta nell’esclusivo interesse alla trasparenza nei confronti del mercato, delle autorità di vigilanza e della controparte. Non è chiaro, in particolare, perché la controparte dovrebbe negoziare degli accordi distributivi senza alcuna certezza in ordine al sostegno degli azionisti di Mediobanca all’offerta, né come si potrebbe lasciare in sospeso per mesi il mercato, gli azionisti e le autorità di vigilanza circa l’effettivo concretizzarsi dell’offerta».

Va ricordato, sottolinea ancora la stessa fonte, «come la negoziazione e altresì la conoscenza nei dettagli degli accordi di distribuzione non rientrino in nessun caso tra le prerogative dell’assemblea dei soci che, nel caso specifico, è chiamata, in virtù della passivity rule cui è sottoposta Mediobanca in questo momento e solo in virtù di questa, a confermare agli amministratori la discrezionalità che è loro tipicamente propria nella negoziazione e definizione dei citati accordi commerciali». «Infine», fanno rilevare le stesse fonti che «la richiesta di posticipare a data da definirsi l’assemblea conferma l’evidente conflitto di interessi del socio Caltagirone - presente sia nell’azionariato di Mediobanca che di Generali che di Mps ».

Nessuna replica invece da parte di Delfin: la holding della famiglia Del Vecchio, primo azionista di Mediobanca, non ha commentato.​​​​​​

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