Unicredit e la cura dell'ad Mustier: a Nordest 60 filiali e 300 bancari a rischio

La scure del nuovo piano industriale Unicredit potrebbe abbattersi su sessanta - settanta filiali della banca in Veneto accompagnando alla porta quasi trecento lavoratori, e forse anche di più

MILANO La scure del nuovo piano industriale Unicredit potrebbe abbattersi su sessanta - settanta filiali della banca in Veneto accompagnando alla porta quasi trecento lavoratori, e forse anche di più. Almeno queste sono le prime indiscrezioni che circolano riguardo il possibile impatto sul territorio della cura da cavallo prescritta dal ceo Jean Pierre Musnier per rilanciare l'istituto di Piazza Gae Aulenti sul doppio binario di un maxi aumento di capitale da 13 miliardi di euro e di una riduzione all'osso dei costi operativi.

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La redazione

Si tratta però di voci, che, sebbene non confermate dai sindacati né dall'azienda, cominciano a rimbalzare tra le 400 filiali venete della banca lasciando impietriti i 3.400 dipendenti che si aspettavano un piano decisamente più soft. E invece no: i dati ufficiali presentati tre giorni fa Londra parlano chiaro: 6.500 esuberi, di cui 3.900 Italia, e 800 filiali su cui calerà il sipario. E ora si teme che il Veneto potrebbe pagare un caro dazio. Il 20 dicembre i vertici della banca incontreranno i sindacati per definire percorsi agevolati di uscita e illustrare come e dove andranno colpire i tagli. Conterà non poco, nell'orientare il peso e direzione della mannaia, l'adesione all'aumento di capitale da parte di Cariverona, azionista della banca con il 2,73%.

Un esborso che tuttavia si annuncia molto oneroso per la fondazione, pari a circa 368 milioni, e che quindi difficilmente verrà coperto. Ad ogni modo venerdì si riunirà il board dell'ente non profit e deciderà in che modo partecipare all'aumento di capitale. A Treviso Cassamarca, che pesa per lo 0,3% del capitale, sembrerebbe tirarsi fuori optando quindi per una diluzione del capitale.Da Unicredit fanno sapere che comunque non ci saranno tagli lineari ma verranno soppresse quelle filiali poco operative che si trovano in territori a più alta densità di sportelli Unicredit mentre gli esuberi saranno mirati alle fasce di età più avanzate e vicine alle pensione. I sindacati cominciano a scavare le trincee e promettono battaglia, accettando esclusivamente l'ipotesi di uscite volontarie e rigettando l'idea di licenziamenti.

«Il Veneto ha già pagato un alto prezzo negli ultimi piani di ristrutturazione della banca - dice Marco Muratore di Fabi Verona - Ci auguriamo che le voci che circolano intorno alla soppressione di sessanta filiali siano del tutto infondate, perché significherebbe depauperare il territorio e il rapporto con i clienti. Siamo pronti a fare proteste robuste, anche scioperi». In gioco non ci sono solo filiali, perché la riorganizzazione prevede di rimettere mano anche ai corporate center. Esprime preoccupazione anche Rosaria di Martino, della segreteria della First Cisl di Verona: «Il piano industriale presentato negli scorsi giorni dall'azienda non è ancora arrivato a noi sindacati. Se ne parlerà il 20 dicembre a livello nazionale. Quello che è certo è che Unicredit ci ha abituato, negli ultimi anni, a piani lacrime e sangue. Oltre alla riduzione dell'organico e della filiali ci sono state cessioni dolorose come quella di Ubis».

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