Autostrade, lo Stato scende in campo a Nord Est
Ha fatto il suo ingresso in Cav la società creata dal governo Meloni: L’operazione segna l’avvio del riassetto del sistema autostradale veneto

L’ingresso ufficiale di Autostrade dello Stato in Concessioni Autostradali Venete (Cav) segna a Nord Est il punto di partenza del più grande riassetto del sistema autostradale italiano degli ultimi decenni.
Un risiko a colpi di partecipazioni, concessioni in scadenza, ambizioni regionali e battaglie legali che promette di trasformare in profondità la mappa della mobilità italiana.
L’operazione, formalizzata con l’acquisizione da parte di Autostrade dello Stato del 50% detenuto in Cav da Anas (insieme ad altre quote in Asti-Cuneo, Traforo del Monte Bianco e Fréjus) ha un valore di circa 342 milioni di euro e rappresenta, nelle ambizioni del governo Meloni, il primo passo verso un progetto più ampio: razionalizzare e rafforzare la gestione pubblica delle infrastrutture strategiche italiane.
Un piano che però potrebbe andare in contrasto con i desiderata della Regione Veneto e del presidente Luca Zaia che da anni culla invece il sogno di fare di Cav il perno di una holding autostradale del Nord Est in grado di gestire un sistema integrato che, partendo dalla A4 Brescia-Padova, includa un domani anche la Pedemontana Veneta.
Un’idea ambiziosa, che ha iniziato a prendere forma concreta quando nei mesi scorsi dal ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, è arrivato un primo informale via libera all’inserimento della Brescia-Padova in Cav.
Un colpo da 80 milioni di utili annui, che attualmente finiscono nelle casse del concessionario privato A4 Holding, controllato al 90% dalla spagnola Abertis, il cui principale azionista è Mundys della galassia Benetton.
Lo scontro non si è fatto attendere. Da un lato, la Regione e il ministero sostengono la bontà di un modello pubblico che reinvesta sul territorio i profitti generati dal traffico. Dall’altro, i privati protestano per un’assegnazione in house che, secondo alcuni, violerebbe i principi di concorrenza.
A4 Holding sta infatti valutando una battaglia legale a Bruxelles e, in caso di esito sfavorevole, non esclude di abbandonare il mercato italiano, ritenuto troppo instabile e politicizzato. Ma Abertis potrebbe anche tentare un contropiede e partecipare alla gara per l’A22 del Brennero, dove è già azionista.
La partita dell’A22, intanto, è già cominciata e si preannuncia esplosiva. La concessione vale oltre 31 miliardi in cinquant’anni e attira l’interesse di colossi come Autostrade per l’Italia (Aspi) e la stessa Abertis. Ma il bando prevede un diritto di prelazione per l’attuale gestore, la società Autobrennero, che ha presentato un project financing da 9,2 miliardi di investimenti. Tuttavia, le condizioni economiche imposte ai partecipanti – fatturato minimo medio di un miliardo negli ultimi cinque anni – sono considerate da molti escludenti. E Aiscat, l’associazione dei concessionari, ha scritto una dura lettera al ministro Salvini chiedendo la revisione della gara mentre ha già impugnato il bando davanti al Tar del Lazio.
Ma è sul fronte della governance che si focalizzano le principali preoccupazioni. Il rischio infatti è che i territori restino spettatori, mentre si decide a Roma e – sempre più spesso – a Palazzo Chigi, dove il dossier è ormai in cima all’agenda di governo. E non solo per l’impatto economico: i ricchi dividendi delle autostrade fanno gola a molti.
La sola A22, con oltre 200 mila veicoli al giorno, genera utili distribuiti perlopiù a enti pubblici, tra cui la Regione Trentino Alto Adige (32%) e le Province autonome di Trento e Bolzano. Anche in questo caso, quindi, la posta in gioco è la riappropriazione pubblica di asset strategici, ma sotto un nuovo equilibrio tra Stato, Regioni e enti locali.
Zaia lo sa bene e, pur cercando di rassicurare («il dominus è il ministero delle Infrastrutture, aspettiamo le carte firmate», ha ripetuto), continua a tessere la sua tela. Se Cav dovesse davvero ottenere la A4 potrebbe poi puntare dritto alla Superstrada Pedemontana Veneta, il cui equilibrio finanziario potrebbe così essere garantito proprio dagli introiti di Cav, mentre gli investimenti sarebbero coordinati con il Mit.
In ogni caso, lo scenario è tutt’altro che definito. La gara per l’A22, dopo alcuni rinvii, chiuderà i termini a breve, mentre la scadenza della concessione della A4 è fissata per fine 2026. Nel frattempo, gli equilibri si muovono sotto traccia, tra promesse politiche, ricorsi e ipotesi di rilancio. Il risiko autostradale è solo all’inizio. Ma una cosa è certa: chi controllerà le autostrade del Nord Est, controllerà una parte cruciale dello sviluppo economico italiano nei prossimi decenni.
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