Energia condivisa, la sfida delle Dolomiti parte da 25 comuni

Nasce la Comunità energetica dell’area vasta montana: «Un laboratorio avanzato per la neutralità climatica»

Stefano Vietina
Belluno consorzio Bim piave di via Tiziano Vecellio
Belluno consorzio Bim piave di via Tiziano Vecellio

L’energia non è più solo una merce, ma diventa un bene civico. Come? Attraverso una formula di gestione condivisa, che coinvolge e rende protagonisti i territori dei comuni della provincia di Belluno per produrre, condividere e utilizzare localmente energia da fonti rinnovabili. È nata, infatti, la Comunità energetica rinnovabile di area vasta Dolomiti per promuovere la tutela dell'ambiente, la transizione e l’autosufficienza energetica e un nuovo modello di governance territoriale.

«Ormai ci siamo – spiega Marco Genova, che fa parte del Consiglio di amministrazione – le risorse energetiche locali verranno gestite in modo comunitario, promuovendo la produzione e il consumo sostenibili, nonché la partecipazione attiva dei cittadini».

L'iniziativa mira a procurare benefici ambientali, economici e sociali per le comunità locali, promuovendo l'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile e riducendo i costi energetici per i membri. «Una riduzione che è al momento difficile da stimare, ma che sarà ben concreta poiché consiste, in particolare, nelle eccedenze produttive che ciascun piccolo impianto può generare e che, facendo sistema, non andranno più disperse».

Prosegue Genova: «Con questo progetto innovativo, infatti, non ci si limita alla realizzazione di singoli impianti, ma costruiamo una rete solidale ed efficiente di produzione e consumo tra enti pubblici, cittadini, imprese, soggetti del terzo settore e altri attori locali. L’energia diventa un bene condiviso, una leva per ridurre la dipendenza dai fossili e creare valore economico e ambientale sul territorio».

Al momento l'iniziativa, promossa dal Consorzio Bim Piave-Belluno, dalla Camera di Commercio Treviso-Belluno Dolomiti e dai comuni più popolosi della nostra provincia: Belluno e Feltre, coinvolge direttamente 25 comuni, ma l'obiettivo è che entrino a farne parte tutti i 59 della provincia, distribuiti in 18 ambiti di cabina primaria Enel. «Questi ambiti sono paragonabili a veri e propri cluster energetici elementari, che possono essere integrati tra loro in modo modulare, sia in fase di pianificazione che di esercizio. Un approccio a rete, basato su logiche bottom-up e infrastrutture intercomunali, consente di superare la frammentazione amministrativa e di affrontare la transizione ecologica con strumenti scalabili e replicabili».

L’integrazione tra fonti è la chiave di volta del modello: fotovoltaico diffuso su tetti pubblici e privati, micro-idroelettrico su acquedotti e corsi d’acqua, cogenerazione da biomassa legnosa da filiera corta, impianti eolici di piccola taglia in aree compatibili. Così che le fonti si compensano e quando una produce meno, l’altra può integrare. «Tutte tecnologie già disponibili e facilmente gestibili localmente. La Cer diventa così un laboratorio di integrazione tra fonti e tra territori».Il cuore del progetto è una piattaforma digitale che monitora in tempo reale i flussi di produzione e consumo. «Ogni membro, che sia un comune, un’azienda o una famiglia, può contribuire con impianti propri o beneficiare dell’energia prodotta nel perimetro della comunità. La condivisione dell’energia è 'virtuale' ma concreta nei risultati: si riducono i costi in bolletta, si ottiene un incentivo statale in base all’autoconsumo collettivo, e si costruisce una nuova cultura energetica di prossimità e responsabilità».

Nessuna grande opera all'orizzonte, quindi, ma tanti piccoli interventi integrati nel paesaggio e nella comunità, con nuovi impianti che saranno progettati per avere il minimo impatto visivo e ambientale, con il recupero di strutture esistenti, e superfici già impermeabilizzate (tetti, parcheggi). «Questo rispetto è fondamentale, perché le Dolomiti non sono solo un luogo fisico, ma un patrimonio identitario. E vogliamo dimostrare che transizione ecologica e tutela del paesaggio possono andare a braccetto».

Inoltre, ogni chilowattora prodotto da rinnovabile e autoconsumato localmente rappresenta un’emissione evitata rispetto a un mix nazionale ancora fortemente legato ai fossili. Da qui la trasformazione in crediti di carbonio, vendibili sul mercato volontario o utilizzabili in progetti di compensazione. «Ora, dopo la fase costitutiva e la mappatura del potenziale energetico – chiude Marco Genova - si entra nel vivo: attivazione operativa della Cer, realizzazione dei primi impianti, coinvolgimento dei cittadini, avvio del portale digitale, formazione dei tecnici locali. Le sfide sono molte, a partire dalla semplificazione burocratica e dalla gestione dei flussi economici. Ma la direzione è chiara: trasformare la montagna da area marginale a laboratorio avanzato della neutralità climatica».

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