Nel cuore di Orfeo, il supercervello blu che dovrà unire scienza, dati e IA

A Basovizza il supercalcolo accelera la ricerca biomedica. Caterina Petrillo (Area Science Park di Trieste): «Investimento strategico, lavorerà sui risultati dei laboratori» 

 

Sara Varcounig
L’inaugurazione di Orfeo all'Area Science Park di Trieste. Foto Lasorte
L’inaugurazione di Orfeo all'Area Science Park di Trieste. Foto Lasorte

«Il cuore pulsante di un ecosistema che guarda lontano»: Stefano Cozzini, direttore dell’Istituto RIT di Area Science Park, descrive così ORFEO. Ma chi è questo Orfeo? O meglio, che cosa è? Mercoledì mattina, è stato presentato il “nuovo” “Open Research Facility for Epigenomics and Other” (l’acronimo è Orfeo, appunto), il data center di supercalcolo e intelligenza artificiale situato al campus di Basovizza, sul Carso triestino.

Se esternamente si presenta come un grosso container blu, internamente rivela tutto il suo potenziale tecnologico. Semplificando molto, lo si potrebbe descrivere come un agglomerato di cavi, server, schede grafiche e altri componenti, racchiusi all’interno di “armadi”, definiti in linguaggio tecnico con il nome di “rack” .

Il tutto circondato da un impianto di raffreddamento che permette di evitare, attraverso l’aspirazione dell’aria, il surriscaldamento della “sala server”, pompando l’aria refrigerata attraverso delle grate poste sul pavimento.

Entrando, il visitatore viene accompagnato dal calore generato dai processori e dal rumore delle ventole ma andando avanti, nel cuore protetto di Orfeo, si percepisce subito un abbassamento della temperatura. La presentazione si pone in linea con la crescita continua del data center negli ultimi anni. Secondo i dati, tra il 2020-25, sono stati fatti circa 30 milioni di investimenti, tra cui l’ultimo di 3 milioni con fondi Pnrr.

Un «investimento strategico», nelle parole della Presidente di Area, Caterina Petrillo. La “vita” di Orfeo inizia nel 2020, come risorsa HPC (high performance computer) a servizio della ricerca sulla genomica. Tuttavia, l’arrivo della pandemia ha richiesto fin da subito un potenziamento interno per l’elaborazione dei dati e dell’AI, in relazione alla situazione emergenziale. Lo sviluppo però non si è arrestato ma è continuato fino ad oggi: Orfeo si è trasferito in un altro container, integrando le risorse nuove con quelle “in-house” e arrivando ad una potenza di 125 kW. Per poter raggiungere questo risultato sono serviti gli sforzi congiunti di tre aziende: la friulana beanTech per lo sviluppo infrastrutturale di calcolo dei server; Vertiv Italia, filiale della multinazionale USA, per la progettazione esterna e infine Nvidia, colosso delle schede grafiche.

Tuttavia, al di là del suo funzionamento, quali sono le applicazioni dirette di Orfeo? Perché è così importante? Per Petrillo, il nuovo data center abilita «la gestione dell’intero ciclo dei dati prodotti nei laboratori di genomica e virologia e di microscopia dei materiali», permettendo un avanzamento più veloce nella ricerca.

Da un punto di vista informatico, infatti, grazie al potenziamento delle proprie capacità di calcolo, Orfeo può ora compiere nuove operazioni in maniera più efficiente e in meno tempo. «Un’architettura” si legge nel comunicato stampa “che consente ai ricercatori di eseguire simulazioni complesse, addestrare modelli di machine learning e analizzare grandi quantità di dati», permettendo un’operabilità in diversi ambiti: dalla ricerca sulle malattie rare all’AI e al Large Language Model.

Cozzini, invece, guarda al futuro. Per lui Orfeo è «un’infrastruttura di ricerca che ha l’obiettivo di diventare un “ecosistema digitale integrato».

Per farlo, serve guardare oltre il mondo dei ricercatori e puntare sulla formazione di personale adeguato e l’apertura verso la realtà imprenditoriale. Attualmente, Area sta investendo in due progetti: il primo, il nuovo master in Data Management e il secondo, il progetto HPC4SME, in collaborazione con le piccole medio imprese, che consiste nella messa a disposizione di infrastrutture per facilitare il rapporto con le industrie. Una nuova sinergia tra accademia, ricerca e imprese.

 

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