Siderurgia affamata di nuova occupazione: nei prossimi due anni servono oltre 10 mila nuovi addetti

Quel che serve alle imprese dell’acciaio sono tecnici specializzati, capaci di manovrare impianti sempre più tecnologici, che con l’immagine polverosa della fabbrica hanno ormai davvero poco a che spartire. Eppure quell’immagine è dura da dimenticare, difficile da sostituire e rappresenta oggi una delle principali cause del mismatch tra domanda e offerta

Maura Delle Case
Steelworker talking, using walkie-talkie in steel mill
Steelworker talking, using walkie-talkie in steel mill

La siderurgia e il suo indotto sono ragione di circa il 25% del Pil regionale, tanto da valere al Friuli Venezia Giulia l’appellativo di Steel Valley d’Italia, l’area che vanta la maggior concentrazione di imprese siderurgiche, realtà che sono cresciute senza soluzione di continuità dal dopoguerra e che oggi, a fronte di rilevanti investimenti, anche tecnologici, rischiano di rallentare la corsa a causa della difficoltà di reperimento della manodopera.

Quel che serve alle imprese dell’acciaio sono tecnici specializzati, capaci di manovrare impianti sempre più tecnologici, che con l’immagine polverosa della fabbrica hanno ormai davvero poco a che spartire. Eppure quell’immagine è dura da dimenticare, difficile da sostituire e rappresenta oggi una delle principali cause del mismatch tra domanda e offerta. Quel che ci vuole per superarla è un nuovo storytelling della siderurgia, capace di entusiasmare i ragazzi e farli riavvicinare alla fabbrica, sfruttandone l’alto contenuto tecnologico e innovativo.
«Dobbiamo entusiasmare i ragazzi» dice Alberto Cavicchiolo, presidente di Mill’s, società che ha organizzato per il 14 aprile, con la complicità del Malignani, un convegno per parlare di “Acciaio e identificazione“ quale punto d’approdo di una ricerca che ha coinvolto, negli scorsi mesi, testimoni ed esperti di vari settori.

«Per lavorare nell’acciaio in futuro non basterà aver bisogno di un’occupazione, com’è stato per molti nel recente passato, bisognerà trovare nuove ragioni, nuovi scopi, per questo parliamo di identificazione» continua Cavicchiolo che se da un lato guarda ai giovani e alla necessità di raccontare la “nuova“ fabbrica, dall’altro volge lo sguardo all’immigrazione di scopo, che in prospettiva può contribuire a fare la differenza. Anzi, in alcuni casi l’ha già fatta. Come a Monfalcone e ad Arzignano, rispettivamente nella costruzione delle navi e nella lavorazione delle pelli.

«La crescita della comunità del Bangladesh a Monfalcone è stata determinante per la costruzione delle navi, lo stesso vale per quella Bengalese nella lavorazione della pelle a Vicenza» ricorda il presidente di Mill’s che riportando l’attenzione al Fvg accenna all’iniziativa avviata da Confindustria Alto Adriatico con il Ghana, «un paese dove la popolazione parla in media molto bene l’inglese e vanta un importante livello di scolarizzazione. L’idea è quella di mettere in campo iniziative di formazione direttamente nel Paese e poi potare in Italia migliaia di ghanesi».
Numeri importanti perché «nei prossimi due anni - annuncia Cavicchiolo - la metallurgia nazionale avrà l'esigenza di decine di migliaia tra operai, tecnici e coordinatori, la cui formazione non potrà più essere la stessa del boom industriale italiano degli anni ’60, richiederà strumenti e dispositivi nuovi e più avanzati».

Si tratta di un’epocale scommessa, tanto culturale quanto industriale, di cui si parlerà a Udine la mattina del 14 aprile. L’appuntamento è per le 9, all’auditorium del Malignani, dove ad aprire i lavori sarà il preside Oliviero Barbieri. «La nostra scuola forma ogni anno 500 diplomati che in parte continuano gli studi all’università o all’Its e in parte vanno a lavorare». Assunti ancor prima di essersi diplomati tanta è la fame occupazionale delle imprese.

«A loro vogliamo raccontare la grande possibilità d’impiego che c’è oggi nelle acciaierie, quali sono le competenze richieste, quali gli ambienti di lavoro che li aspettano e che sono notevolmente cambiati rispetto a un tempo. Oggi le nuove industrie sono fortemente automatizzate e richiedono tecnici all’altezza».

Sarà dunque un pubblico di studenti, oltre che di addetti ai lavori e di imprese quello che venerdì si darà appuntamento al Malingani per ascoltare alcune delle voci più rappresentative della siderurgia Nordestina e non solo. Interverranno infatti Antonio Gozzi, Presidente di Federacciai e di Duferco Italia, Gianpietro Benedetti, presidente di Confindustria Udine e del gruppo Danieli, Axel Eggert, direttore di Eurofer, Giuseppe Pasini (Feralpi), Chiara Valduga (Gruppo Cividale), Loris Maestrutti (SMF), Marco Ferrone (Marcegaglia Plates), Filippo Gottardis (Officine Tecnosider), Marco Carrara (Metinvest), Augusto Cosulich (Fratelli Cosulich), Luigino Pozzo (PMP Industries) e Uwe Reinecke (Feralpi Stahl).
Durante il convegno sarà proiettato il docufilm “Feralpi Stahl-Steel Reborn“ racconto di un caso emblematico. Narra infatti l’iniziativa del gruppo bresciano Feralpi, di proprietà della famiglia Pasini, che in Germania Est, all'indomani della caduta del muro di Berlino, ricostruisce un grande complesso siderurgico a Riesa, in Sassonia, nell'area che dava lavoro a oltre 12.000 persone.

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