Produzione di vino: più forti se si farà leva sui territori

I risultati di una ricerca condotta qualche anno fa da Veneto Agricoltura (“Valutazione impatti del Psr sul settore vitivinicolo veneto”, dicembre 2013) mettevano in evidenza come il settore vitivinicolo veneto si caratterizzasse per un andamento economico molto favorevole, in termini di tipologie di vino interessate, presenza nei principali mercati, soprattutto quelli esteri, e livello di redditività delle imprese. Gli ultimi dati confermano il buono stato di salute dell’economia vitivinicola, per cui il Triveneto si afferma come prima area a livello nazionale per la produzione di vini, con oltre 12 milioni di ettolitri di vino per il 2015 e con un valore delle esportazioni di 2,4 miliardi di euro.
I buoni risultati hanno determinato un importante flusso di investimenti, anche stranieri, ed un altrettanto significativo aumento dell’occupazione, in particolare di quella giovanile. Il comparto continua a suscitare un forte interesse negli operatori, come si può facilmente rilevare analizzando le richieste di nuove autorizzazioni agli impianti che sono state, nel 2016, al di sotto di quelle disponibili (36.500 ettari richiesti, contro i 1.300 disponibili).
Lo studio di Veneto Agricoltura evidenziava però anche alcuni punti di debolezza, in particolare, la sottorappresentazione in termini di percezione del territorio veneto come regione di vini d’eccellenza.
Il fenomeno del Prosecco non era ancora esploso, come pure non erano così ben delineati i buoni andamenti di altri importanti vini come Pinot grigio e Amarone. Tuttavia, se si realizzasse oggi la stessa ricerca, il giudizio sull’immagine della viticoltura nordestina non risulterebbe molto diverso, fatto salvo i maggiori traguardi produttivi. Essa continua ad essere considerata, dagli opinion maker, meno interessante di altre mete, nazionali come la Toscana e il Piemonte, o straniere come la Napa Valley negli Usa, la Yarra Valley in Australia, Stellenbosch in Sudafrica, Mendoza in Argentina, e di altre realtà europee rispetto alle quali il Veneto non ha nulla da invidiare.
Se allargassimo l’orizzonte anche agli altri territori del Triveneto, i risultati sarebbero più positivi, ma probabilmente la valutazione complessiva sulla viticoltura dei territori non cambierebbe in modo significativo. Vi è, quindi, una prima importante sfida che i produttori di queste regioni devono affrontare nei prossimi anni, e fa riferimento al miglioramento della percezione del territorio vitivinicolo del Nordest quale zona d’eccellenza delle produzioni. Si tratta, in pratica, di far rientrare quest’area nei grandi circuiti internazionali del turismo del vino. Il raggiungimento di questo obiettivo dovrebbe essere alla portata delle imprese, potendosi avvantaggiare della presenza di un’industria turistica di primo livello e di uno straordinario patrimonio di beni storici, culturali e gastronomici.
Questo risultato è importante, non solo per migliorare l’efficacia delle azioni di marketing, soprattutto quelle finalizzate ad accrescere la fidelizzazione dei consumatori, ma anche al fine di contribuire ad allargare la conoscenza della gamma dei vini prodotti.
È questa la migliore risposta per dare prospettiva di continuità nello sviluppo di settore e per valorizzare tutti quei vini meno affermati, ma fondamentali per l’identità enologica del Triveneto e senza i quali, con tutta probabilità, il valore anche delle grandi produzioni rischierebbe di essere compromesso. Alcune scelte sono già orientate verso questa direzione, come l’adeguamento del sistema di produzione del vino Prosecco, dell’Amarone e in queste settimane la costituzione di nuove Doc, Pinot grigio delle Venezie, della Doc Friuli e di un nuovo sistema di qualificazione delle denominazioni.
Altre azioni promosse dal sistema vitivinicolo hanno riguardato gli accordi, tra imprese singole, cooperative, Consorzi, finalizzati a rendere più incisive le azioni di promozione e informazione sui mercati, soprattutto quelli esteri, sostenute dalle Regioni, dalle Province e dal Ministero con i fondi comunitari della Ocm vino; le attività rivolte a migliorare le condizioni per l’accesso al credito, ai mercati di beni e servizi, come pure gli interventi per lo sviluppo e sfruttamento dell’innovazione, compresi quelli promossi dai fondi comunitari.
Altri sforzi importanti sono stati intrapresi dal mondo della ricerca e dell’innovazione e hanno coinvolto i principali centri, da quelli che fanno riferimento alle Università di Padova, con sede a Conegliano, di Verona, con sede a San Floriano, di Udine, di Trento in relazione all’Istituto di San Michele all’Adige, di Bolzano; al Centro di Ricerca per la Viticoltura Crea del Mipaaf di Conegliano; agli Istituti tecnici per l’Agricoltura presenti nelle regioni orientali del Paese ed, infine, alle numerose imprese private che operano nel campo della ricerca e dell’innovazione nel settore vitivinicolo. Anche in futuro, il loro impegno sarà determinante per la formazione delle necessarie professionalità e per assicurare elevati standard quanti - qualitativi delle produzioni.
Da queste istituzioni ci si attende un contributo significativo alla soluzione degli aspetti della sostenibilità delle produzioni, che risulta, in questa fase, uno dei talloni d’Achille del sistema vitivinicolo del Triveneto. Va in questa direzione il progetto Viticoltura 4.0, che i principali centri di ricerca presenti nel territorio stanno definendo e che punta a ottenere, nell’arco dei prossimi dieci anni, una drastica riduzione dell’impiego dei prodotti antiparassitari, diserbanti e più in generale di tutti quei fattori che possono incidere negativamente sulla qualità dell’ambiente.
È importante che questi sforzi raggiungano tempestivamente l’obiettivo ricercato, ossia di permettere di annoverare il Nordest tra le mete ricercate dai consumatori e visitate dai turisti non solo per i vini, ma anche per la qualità dei territori che li generano.
Vasco Boatto
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