Più formazione per attenuare la crisi demografica sul mondo del lavoro
Nel 2040 in Friuli Venezia Giulia mancheranno 117 mila lavoratori, in Veneto 442 mila. Il modello AltoAdige per ridurre l’impatto sulle aziende

Da 16 milioni di abitanti a 12 milioni e 800mila: 3,2 milioni in meno. È la raffigurazione, in numeri, degli effetti della “glaciazione demografica” sul Nord Italia da qui al 2040. Uno scenario che tiene conto solo dell’andamento naturale della popolazione, senza l’apporto delle migrazioni dal resto del Paese e dall’estero. Già inquietante di per sé, lo scenario lo diventa ancor di più proiettando le conseguenze del calo della popolazione sul mercato del lavoro: le persone in età da lavoro (20-64 anni) saranno infatti 2,4 milioni in meno, amplificando difficoltà e carenze con cui oggi devono già fare i conti tutti i datori di lavoro, privati e pubblici, dal manifatturiero al terziario. Sgranando regione per regione i numeri del crollo, in base alle dinamiche demografiche, il Nordest vedrebbe un calo di 442mila occupati in Veneto, 117mila in Friuli, 71mila in Trentino-Alto Adige.
OPERAZIONE CHIAREZZA
L’esame comparato del quadro demografico e del mercato del lavoro è frutto di una nota, la seconda sul tema, della Fondazione Nord Est, curata dal direttore scientifico Luca Paolazzi e dal ricercatore Lorenzo Di Lenna. Perché il traguardo è il 2040? Perché, si legge nella ricerca, si tratta di una scadenza sulla quale non incidono eventuali variazioni nell’andamento delle nascite, ininfluenti di qui a 16 anni in termini di impatto sul mercato del lavoro. Con questa premessa, la Fondazione si pone l’obiettivo di una «operazione chiarezza, necessaria per rendere coscienti famiglie, imprese e amministrazioni, centrali e locali, e adottare in modo consapevole le politiche, private e pubbliche, necessarie a mitigare l’impatto della glaciazione demografica».
GLI SCENARI
Se il calo di 3,2 milioni nei residenti sarà mitigato dai flussi migratori, anche la flessione “naturale” degli occupati non raggiungerà i 2,4 milioni dello scenario limite tratteggiato dalla Fondazione Nord Est, ma sarà mitigato dal progressivo innalzamento dell’età lavorativa. Se oggi la percentuale di occupati a Nord è del 74,6%% e a Nordest del 75,8%, c’è un forte differenziale tra l’85,1% nella fascia d’età 35-54 anni e il 61,7% nella fascia 55-64 anni. In Veneto il divario tra gli under e gli over 55 è di oltre 25 punti (86,8% contro 61,6%), in Fvg di 23 (85,2% contro 62,1%). Un gap destinato inevitabilmente a ridursi, visto che si lavora più a lungo. Spingendosi a ipotizzare un azzeramento del divario tra 16 anni, quindi un tasso di occupazione identico nella fascia mediana (35-54 anni) e tra gli over 55, l’impatto sul mercato del lavoro del Nord Italia si ridurrebbe, di qui al 2040, limitando la perdita a 1,5 milioni di occupati: il Veneto ne perderebbe 285mila invece dei 442mila di cui sopra, il Fvg 82mila invece di 117mila.
LA PROPENSIONE AL LAVORO
L’allungamento della vita lavorativa comporterà anche un aumento dell’occupazione sopra i 55 e anche oltre i 65 anni, anche perché «il grado di sviluppo economico raggiunto oggi spinge a studiare di più e a lavorare più tardi, maturando così i diritti previdenziali più avanti nell’età». Ma le possibilità di attenuare la carenza di “mentedopera”, come la definisce la Fondazione per sottolineare che non si tratta soltanto di braccia, saranno legate soprattutto a un progressivo aumento del tasso di attività e della propensione al lavoro. «Se tutto il Nord si adeguasse all’Alto Adige ci sarebbero quasi 800mila occupati aggiuntivi», spiega la Fondazione, nell’ipotesi che tutto il Nord, tra 16 anni, potesse allinearsi al 90,3% di occupati della provincia di Bolzano nella fascia 35-54 anni.
FATTORE MIGRANTI
Se l’ipotesi di un Nord attestato ai tassi virtuosi di Bolzano è solo teorica, è invece realistico ipotizzare un incremento della propensione al lavoro, effetto soprattutto della crescita dell’occupazione femminile. Ma è un apporto che non sarà sufficiente.
Tasso di occupazione
«Benché importante, l’attenuazione del calo di occupati dovuta all’aumento del tasso di occupazione lascia immutata la gravità della caduta causata dalla glaciazione demografica - è la sottolineatura della Fondazione Nord Est -. Gravità che rende urgente attrarre persone da altri territori come misura mitigativa. Tanto più i giovani, il cui numero si è ridotto e continuerà a ridursi nei prossimi anni», è la considerazione finale.
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