Obiettivo zero carbon in Europa, “Con le nuove regole Ue acciaio al +15%, rischio deindustrializzazione”

Sangoi e Gabrielli confermano le critiche del settore siderurgico sulla complessità e le incertezze applicative delle nuove norme del Cbam e i timori per possibili pesanti aggravi di costi dell’acciaio e dell’alluminio in Europa

Un impianto di uno stabilimento siderurgico
Un impianto di uno stabilimento siderurgico

Con l’entrata in vigore il primo ottobre 2023 del Cbam (Carbon border adjustment mechanism) la sfida della decarbonizzazione dell’industria europea entra in una nuova dimensione. Si prevede che la novità sarà molto impattante per alcuni settori ad alta intensità di emissioni di Co2, tra cui la siderurgia e l’alluminio. E a cascata anche per molti altri comparti manifatturieri a valle.

Ne parlano con Nordest Economia due operatori di primo piano della siderurgia triveneta: Paolo Sangoi, amministratore delegato dell’omonimo gruppo friulano e presidente di Assofermet Acciai, e Andrea Gabrielli, presidente dell’omonimo gruppo veneto.

Che confermano le critiche del settore sulla complessità e le incertezze applicative del Cbam e i timori per possibili pesanti aggravi di costi dell’acciaio e dell’alluminio in Europa (per l’acciaio si stima un aumento del 15%) e conseguente perdita di competitività della manifattura che fa ampio utilizzo di questi metalli. Tant’è che Assofermet ha ufficialmente proposto all’Ue sostanziali modifiche e chiesto un rinvio di 12 mesi.

Cos’è il Cbam

Il nuovo meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere sostituirà progressivamente il vigente sistema Ets di scambio di quote di emissioni di Co2, basato sinora su certificati gratuiti. La novità si situa tra le misure della strategia Ue per la decarbonizzazione dell’industria europea verso l’obiettivo intermedio di una riduzione entro il 2030 del 55% delle emissioni in atmosfera rispetto al 1990 e l’obiettivo finale della piena neutralità carbonica per il 2050 (Net-Zero).

Il Cbam mira a contrastare il rischio di trasferimento delle emissioni (carbon leakage) verso paesi con condizioni di produzione e politiche climatiche meno rigide di quelle Ue attraverso appunto un meccanismo che fissa per il carbonio contenuto nei beni importati un prezzo equivalente a quello pagato dai produttori europei.

I tempi Nella fase transitoria, da ottobre 2023 a dicembre 2025, il Cbam si applica alle importazioni di acciaio, alluminio, cemento, energia, ferro, fertilizzanti e idrogeno da tutti i paesi extra Ue eccetto Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Gli impatti per gli importatori sono rilevanti sin dall’inizio in termini di adempimenti burocratici e relativa responsabilità del dichiarante.

Il complesso regolamento da oltre cento pagine prevede infatti l’obbligo per le imprese di effettuare su un apposito Registro on line dichiarazioni trimestrali di molti dati di non facile raccolta e interpretazione relativi alla quantità di prodotti importati sottoposti alle regole Cbam e delle emissioni dirette e indirette di Co2 incorporate in tali beni. Dal 2026, con il sistema a regime, inizieranno anche gli effetti economici perché scatterà l'obbligo di versamento del corrispettivo stabilito per ogni tonnellata di Co2 emessa per la produzione delle merci importate. E sarà possibile l’estensione anche ad altri settori.

La contraddizione che svantaggia la manifattura Ue Per il momento il regolamento riguarda solo le importazioni di prodotti siderurgici intesi come materia prima e non di beni finiti realizzati con l’acciaio. Quindi, in assenza di modifiche, l’impatto del rincaro dell’acciaio colpirebbe i produttori finali comunitari a vantaggio dell’importazione libera di beni finiti contenenti tale metallo. «Del resto – osserva Paolo Sangoi – sarebbe notevolmente difficile stabilire la corretta quota Cbam di tutti i prodotti finiti al cui interno vi è dell’acciaio. Immaginiamo ad esempio quanto complesso ed impreciso sarebbe il calcolo per un’automobile».

Il Cbam per il gruppo friulano Sangoi

La questione Cbam non è da poco per il gruppo Sangoi, che include quattro diverse società impegnate in produzione di nastri e lamiere da coils, servizi di ricerca e consulenza per la progettazione di componenti offerti e i prodotti dedicati al settore agricolo, e importa da paesi extra Ue 50mila tonnellate l’anno di acciaio pari al 50% del volume complessivo utilizzato.

«Non sono assolutamente contrario al principio, ovvero la tutela dell'ambiente. Ciò che contesto è il percorso eccessivamente repentino voluto dall’Ue», premette Sangoi.

«Per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione le acciaierie comunitarie hanno già lanciato una serie di investimenti per la realizzazione di impianti di nuova generazione. Per spingere i produttori di acciaio ad investire nelle nuove tecnologie green è stato deciso di ridurre progressivamente, fino alla totale cancellazione, le concessioni dei certificati Ets gratuiti. Al fine di non vanificare gli enormi sforzi che le acciaierie europee sono e saranno tenute a fare – spiega – si rende necessario disincentivare le importazioni dai produttori meno sensibili al tema ambientale, adottando un sistema di tassazione commisurato alle emissioni di Co2 del produttore estero».

Ma Sangoi mette in guardia sul pericolo di un’eterogenesi dei fini rispetto agli obiettivi del Cbam così come congegnato oggi: «L'impatto economico sul sistema manifatturiero comunitario è destinato ad essere molto pesante in quanto il maggior costo delle produzioni di acciaio green sarà inevitabilmente scaricato sui prodotti finiti venduti nella grande distribuzione ed in assenza di un sistema di sussidi assisteremo ad una colossale perdita di competitività nelle sfide internazionali. In definitiva si tratta di un percorso estremamente sfidante che rischia di innescare un processo di delocalizzazione industriale senza precedenti a beneficio proprio di quei paesi meno attenti e meno sensibili alle tematiche ambientali».

Il Cbam per il gruppo veneto Gabrielli

Il Gruppo Gabrielli approvvigiona gran parte del suo fabbisogno di prodotti piani di acciaio (circa 1,2 milioni di tonnellate l’anno di coils e lamiere) da produttori nazionali ed europei; non è comunque trascurabile il volume assoluto di prodotti importati da Paesi Terzi e di conseguenza anche l’impatto Cbam sarà rilevante. Il Gruppo Veneto ha così sottoposto in via preventiva un questionario ai suoi fornitori extra Ue.

"Il riscontro è preoccupante – dichiara Andrea Gabrielli, membro del Comitato Tecnico di Assofermet Acciai – in quanto, oltre ad evidenziare ancora poca attenzione al meccanismo posto in essere, tali produttori dimostrano al momento di non avere ancora tutte le informazioni necessarie e certificate per soddisfare la corretta compilazione del registro Cbam da parte dell’importatore UE. Chiaramente questo può determinare incongruenze sulla veridicità delle iniziali dichiarazioni periodiche. La speranza è che la stessa Commissione Ue rilevi ufficialmente i dati necessari che potranno essere poi usati da tutti gli importatori indistintamente".

La posizione della siderurgia italiana

Federacciai e Assofermet, le due associazioni che rappresentano rispettivamente i produttori siderurgici e le filiere di pre-lavorazione, distribuzione e raccolta rottami ferrosi, condividono lo stesso giudizio negativo sulle criticità della normativa Cbam.

Assofermet in particolare ha recentemente inviato al commissario europeo per gli affari economici Paolo Gentiloni e alla direzione generale Taxud della fiscalità e dell'unione doganale Ue una lettera che propone una serie di modifiche semplificative della procedura di attuazione e lo slittamento di 12 mesi della data di avvio della stessa, quindi a ottobre 2024, per consentire agli operatori di prepararsi correttamente.

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