Mutui condizionati alle azioni Il giudice “congela” il debito Ricorsi per evitare il default

PADOVA. Iniziano a moltiplicarsi le segnalazioni alla Centrale rischi di clienti che hanno affidamenti aperti con Bpvi e Veneto Banca. Molti di questi fidi sono “operazioni baciate", ovvero collegate all'acquisto di azioni dell’istituto stesso che ora fa le segnalazioni. Spesso il cliente non viene neanche avvertito del fatto di essere diventato un “cattivo pagatore”: lo sconfinamento (che spesso diventa una sofferenza) avviene perché aumentano i tassi di interesse (in alcuni casi dal 4 al 14%), ma soprattutto perché le azioni, a garanzia, oggi valgono zero.
Sulla questione del possibile rientro di questi stessi fidi, se richiesto dalla banca, una buona notizia arriva da una recente ordinanza del giudice di Venezia Anna Maria Marra, della sezione del tribunale specializzata in materia di imprese, che ha considerato nulle le "baciate". Il provvedimento inibisce Bpvi dalla possibilità di pretendere il rientro delle somme prestate, congelando il debito combinato con le azioni. Il giudice ha infatti accolto il ricorso d'urgenza di sospensiva presentato da un cliente a cui erano stati concessi 9 milioni, sulla base dell'articolo 700 del codice di procedura civile. Una decisione che apre una speranza a molti risparmiatori.
Ma per un imprenditore, essere segnalato alla Centrale rischi, resta un danno quasi indelebile che può mettere a repentaglio altre linee di credito o l'apertura di nuovi affidamenti. Per questo stanno partendo i ricorsi per chiedere la cancellazione in Centrale. Già più d'uno i casi.
E' successo a Brescia: contro Veneto Banca c'è la società Setra Srl in capo alla famiglia Spagnoli, cliente da una decina d'anni. Nel 2013 l'azienda aprì un affidamento di 600 mila euro contro-garantito da titoli Veneto banca. Azioni che l'azienda ha tentato di vendere, si legge nel ricorso, ma Veneto Banca «ha negato». E' stata Intesa San Paolo a rendere noto al cliente la segnalazione in Centrale Rischi operata da Veneto Banca il 3 giugno: post iscrizione, Intesa ha infatti chiesto il rientro dell'esposizione per 1 milione in capo al cliente. «Setra nonostante la solidità aziendale - si legge - non è in grado di far fronte a tutti i rientri, e ora che le azioni intestate e poste a garanzia del debito non valgono più nulla, la società rischia il default» scrivono gli avvocati dello studio Zanvettor Bruschi.
Lunedì a Treviso verrà depositato un nuovo ricorso. Si tratta di un imprenditore della Marca (classe 1935) affidatario di Popolare di Vicenza che ha acquistato nel 2014 azioni per 367 mila euro. «Negoziate senza informativa e senza questionario Mifid» con «finanziamento da 280 mila euro collegato» scrive il ricorso. Negata la liquidazione, ora arriva lo sconfinamento.
Dai legali ci sono finiti anche cinque soci di un'unica società udinese, che hanno sottoscritto operazioni baciate messe a pegno dei finanziamenti per 200 mila cadauno: un milione in tutti. I finanziamenti sono stati segnalati da Bpvi alla Centrale rischi perché l'interesse quest'anno è passato dal 4 al 14%. E anche qui le azioni a garanzia sono carta straccia. «Il ricorso lo puoi fare solo come imprenditore perché hai un danno su altri finanziamenti legati ad altre banche o se perdi dei lavori fondamentali per il business» spiegano i legali Maria Bruschi e Romina Zanvettor. «Quando si è segnalati non si può neanche comprare una lavatrice - continua l’avvocato Bruschi - E' un atteggiamento illegittimo da parte della banca, e questi imprenditori vanno tutelati perché rischiano di essere messi in ginocchio da situazioni illecite». «Ma anche con la cancellazione - aggiunge - il danno, purtroppo, resta perché risulta la correzione. La loro fedina in qualche modo sarà sporca e resterà il pregiudizio economico e personale. La giurisprudenza in questo è ferma e di fatti certifica un danno morale» chiude Bruschi.
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