Meno scambi nel mondo E un’era di protezionismi sarebbe un altro disastro

L’acciaio europeo naviga in cattive acque internazionali principalmente a causa di due variabili indipendenti: i dazi americani (25 per cento) e l’eccesso di produzione cinese. La congiunzione ha un effetto perverso. Per produrre più acciaio la Cina acquista più ferro, alzando così il prezzo mondiale della materia prima per tutti; esporta però di meno in Usa a causa dei dazi americani, e quindi riversa all’estero il surplus non assorbito dal mercato interno.
La siderurgia europea è colta nel mezzo del neo-protezionismo americano e del dumping cinese. La variante italiana ha per ora conservato anzi leggermente migliorato l’export verso gli Usa, ma ha perso quote di mercato interno e Ue. Su entrambi vende di meno; entrambi importano di più dall’estero.
Il processo di adattamento del settore alla nuova realtà tariffaria è solo alle prime battute. I primi dazi americani su acciaio e alluminio sono stati imposti alla Cina nel marzo del 2018, all’Unione europea in giugno. Sono seguiti quelli su altre categorie merceologiche, soprattutto cinesi.
Solo temporaneamente graziata, l’Ue ha appena ricevuto la batosta dei dazi Usa “legittimi” perché autorizzati dall’Organizzazione Commerciale del Commercio (Wto) fino a compensazione dei danni riconosciuti agli Usa per la controversia Boeing-Airbus (quantificati in 8,5 miliardi di euro).
La siderurgia europea è indirettamente minacciata da un’altra raffica di dazi che l’amministrazione Trump tiene in sospeso sull’Unione europea. Fra i bersagli principali le esportazioni automobilistiche specialmente tedesche. Una volta introdotti i nuovi balzelli non faranno distinzione di nazionalità e faranno stragi collaterali nelle “supply chains” di Mercedes e Volkswagen. Altra vulnerabilità per l’acciaio “made in Italy”.
Non sono solo gli Usa ad innalzare nuove barriere tariffarie. Ogni volta Cina e Unione europea hanno puntualmente risposto pan per focaccia. L’Unione europea aspetta di vedersi riconosciuto dal Wto un contro-risarcimento per sussidi americani a Boeing. Ci saranno quindi dazi europei a esportazioni Usa. In Europa la tempesta diventerà presto perfetta se Brexit senza accordo si traduce in dazi fra Regno Unito e resto dell’Unione europea.
Il percorso a ostacoli dell’import-export ha già fatto sì che nel giro di due anni il commercio internazionale sia passato dall’inarrestabile espansione alla contrazione: - 3 per cento nel 2018 e (previsto) – 2,6 per cento nel 2019 in volume. Certo si commercia di meno perché si cresce di meno. Rallentano la locomotiva mondiale (Cina) e quella europea (Germania). Ma su un’economia mondiale in raffreddamento i dazi agiscono come una ventata d’aria ghiacciata. L’ultima cosa di cui ci sarebbe bisogno come insegna la disastrosa esperienza protezionistica degli anni ’30. Sperabilmente da non ripetere.—
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