Maurizio Landini: «Il lavoro? Povero e precario. Al Paese servono politiche industriali»

Da Stellantis a Electrolux e Wärtsilä, una cosa è evidente: «l’assenza di politiche industriali che in questo Paese mancano da almeno vent’anni». Così Maurizio Landini, leader della Cgil, a Tricesimo per il congresso della Camera del lavoro del Fvg che ha eletto Michele Piga nuovo segretario.
È tranchant Landini sul tema «privatizzazioni» appena annunciate dal Governo, operazioni che il segretario nazionale definisce come «cessione di asset strategici: dalle Ferrovie all’Enel a Mps. Non abbiamo nulla in contrario all’ingresso di investitori stranieri nel Paese», ma dipende «per fare cosa?». Se il senso dell’operazione è quello di fare cassa, il sindacato non ci sta. Discorso diverso se «il fine è raddoppiare gli investimenti e realizzare le infrastrutture che servono». Per Landini la mission delle aziende controllate dal pubblico deve essere chiara, tanto che «nel caso dell’ex Ilva - aggiunge - noi stiamo chiedendo espressamente che lo Stato diventi azionista di maggioranza». E questo perché «i settori strategici di un Paese, e questo vuol dire fare politiche industriali, devono avere indirizzi precisi sui quali muoversi. E il Governo non può limitarsi a erogare denaro a pioggia o lasciar fare al mercato ma deve indirizzare le risorse pubbliche, deve favorire coloro che qui vogliono fare investimenti potenziando le nostre attività».

Nella cornice disegnata da Landini ecco dunque che «l’autonomia differenziata è una follia. Raccontare che, in una situazione così complessa, il singolo territorio, la singola Regione è in grado di reggere la concorrenza con gli Usa, la Cina, il mondo intero è una sciocchezza», rimarca Landini, per il quale «bisogna contrastare un disegno che modifica anche l’assetto costituzionale del nostro Paese, con qualsiasi sistema e qualsiasi strumento».
E, ancora, «da tempo - incalza il segretario - denunciamo l’assenza di politiche industriali per settori strategici, come l’elettrodomestico, la siderurgia, la mobilità, il digitale...» e in riferimento a quest’ultimo comparto ecco l’altra bocciatura di Landini che definisce «un’assurdità» la vendita della rete digitale di Tim a un fondo Usa.

La via dev’essere un’altra per un Paese, come l’Italia, dalla forte vocazione manifatturiera che ha ancora capacità attrattiva. Ma vanno fatte delle scelte, bisogna «fare sistema» riversando le risorse che la Ue ha messo a disposizione «dentro un’idea di sistema». Un esempio? «Abbiamo bisogno di rinnovare autobus e mezzi trasporto pubblico, li continuiamo a comprare in giro per il mondo o facciamo la scelta di potenziare attività produttive per costruirli nel nostro paese e investiamo su nuove tecnologie per fare filiera? Bisogna investire sulle fonti rinnovabili, pannelli solari, fotovoltaico, pale eoliche ecc., li dobbiamo comperare altrove e costruiamo sistemi per produrle noi e creare lavoro?».
E poi il lavoro, troppo spesso povero e precario. «Dei rapporti di lavoro attivati nel 2023 - ricorda Landini -, solo il 16% sono assunzioni a tempo indeterminato, l’85% è lavoro precario ovvero a chiamata, somministrato, a termine. Questo non è più accettabile. Se poi aggiungiamo che tra gli assunti a tempo indeterminato, una buona parte lo è con il part-time involontario, e per lo più si tratta di giovani e di donne, è evidente - considera il segretario - che buona parte delle persone è povera. Bisogna cambiare le leggi sbagliate e investire sulla qualità e sul lavoro».
Attacco all’esecutivo anche sul fronte risorse accantonate nella legge di Bilancio per i salari, che consentono una rivalutazione del 5% «a fronte di un’inflazione cresciuta del 17%», inaccettabile per Landini «il peggioramento della legge Fornero» mentre sarebbe urgente «una riforma fiscale che riduca la tassazione su dipendenti e pensionati e vada a prendere i soldi da altre parti». E infine: «vanno rinnovati i contratti!».
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