Marchi-De Vido: salta l'ultimo tassello della finanza storica del Nordest

Non si tratta solo della perfetta condivisione, al 50%, della holding di Conegliano: la Finanziaria Internazionale fondata 36 anni fa a Milano, chiacchierando in una pizzeria dietro la Scala. La liaison societaria tra Enrico Marchi e Andrea De Vido, soci e amici, è ben più ramificata; e ha più pezzi di una matriosca russa. De Vido è socio al 50%, pari a Marchi, anche della Demar Srl che si occupa di intermediazioni finanziarie sempre nella galassia Finint. Ha il 63% di Sintesi Spa. E’ consigliere e presidente del Cda di Effeti, società finanziaria costituita nel 2010 e controllata al 100% da Ferak che investe in Generali di cui ha una quota del 0,3% (dato 2015).
E’ presidente del Cda delle società di servicing, di Rete Spa (holding di partecipazioni bancarie che ha investimenti in Mps), Agorà investimenti e Marco Polo Holding che controllano Save e pure di Fisg che organizza le operazioni di cartolarizzazione: il primo business di Finint. Non sarà semplice recidere il cordone ombelicale.
I primi scricchiolii si erano avvertiti questa primavera con il passo di lato di Andrea De Vido che aveva lasciato l’incarico di ad di Finint per ritagliarsi il ruolo, meno operativo, di vicepresidente. Dopo qualche mese entrava al suo posto l’ex Bpvi Luciano Colombini. Gli attriti tra i due fondatori di Finint, si diceva, erano iniziati con l’uscita di Generali da Save. Litigate burrascose, ma la risposta allora fu: «Si è trovato un equilibrio».
«Nessuna liquidazione» assicurava Marchi. La società resta 50% di De Vido e 50% di Marchi: «questo era, è e resterà» assicurava. Ma dopo pochi mesi tutto è in dubbio, perché oltre alle incomprensioni sono emersi i debiti: 70 milioni secondo le ricostruzioni di «Repubblica» che De Vido avrebbe perso in investimenti finanziari tra cui i bond di Banca Etruria. Ma la metà è uno scoperto verso Veneto Banca che ora avrebbe chiesto il rientro. Da qui la necessità di denaro e due scelte diverse. De Vido vuole valorizzare (vendendo) una quota dello scalo veneziano ma per Marchi quella è un’impresa e la “sua creatura”.
Da qui la ricerca, dice Marchi, di un nuovo socio per Finint o la Borsa. «I tempi del divorzio non saranno brevi» promette Marchi. «Smontare una storia di 36 anni richiede lucidità». Intanto il dialogo è stato aperto con le banche creditrici. Ma è chiaro che una liquidazione del socio De Vido è all’orizzonte e con tale operazione si smonterà probabilmente anche tutta la matriosca di partecipazioni che un tempo fecero l’ossatura del salotto finanziario del Nordest. E con le banche popolari venete in mano ad Atlante, l’ex Meneguzzo incappato nello scandalo Mose, si consumerà così l’ultimo capitolo della finanza veneta. Ciò nonostante, Marchi abbia ringaggiato Colombini e perfino Giovanni Perissinotto, ex ad Generali oggi ai vertici di Finint Investments sgr. (e.v.)
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