La crisi tedesca spaventa le imprese: «In sei mesi -12% l’export di Vicenza»
Il punto sulla difficile congiuntura è stato fatto all’assemblea di Confindustria Vicenza, partecipata da circa 1.500 imprenditori

«Industria ultima chiamata?». Questo il titolo dell’assemblea di Confindustria Vicenza per il 2024.
Un’assemblea partecipata da circa 1.500 imprenditori alle prese con un periodo di crescita bassa, tassi di interesse ancora alti, tensioni geopolitiche che non accennano a ridursi di intensità e che anzi tendono a spingere in alto il prezzo di una delle commodity più importanti per la determinazione dei prezzi, il petrolio.
Nel frattempo il governo è alle prese con un debito pubblico tra i più imponenti al mondo e obblighi europei che impongono un ritorno progressivo ad un equilibrio tra deficit e Pil che non offre margini ad una manovra difficile.
In questo contesto è la presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia a ribadire la necessità di interventi a supporto di un sistema industriale che, nel vicentino, ha registrato, nel secondo trimestre del 2024, un indice della produzione in calo del 3,8% (quinto trimestre consecutivo in flessione) e un sentiment generale economico che parla di una flessione del 13% per quanto riguarda le previsioni a 6 mesi.
Una somma di indicatori che, già ad aprile ma con maggior forza nella rilevazione di luglio, hanno virato tutti in negativo a partire dagli ordinativi nazionali (-11,9% a luglio), e proseguendo con quelli esteri (-1,5%) con l’occupazione (-1,5%) e con gli investimenti (-11,7%). «Non ce la faccio a festeggiare il fatto che il nostro Pil, che non cresce nemmeno dell’1%, performa meglio di quello della Germania» ha detto Dalla Vecchia, «nel 2023 Vicenza ha avuto, con la Germania, una bilancia commerciale positivo per oltre un miliardo di euro, esportandone 2,7. Nei primi 6 mesi di quest’anno, l’export verso la Germania è calato a 2 cifre: –12%. Siamo legati a doppio filo alle aziende tedesche nella subfornitura di automotive, di elettrodomestici e macchinari. L’Europa ha bisogno di un’inversione di marcia decisa. La Bce, riducendo il tasso d’interesse, ha già iniziato a dare un timido esempio, anche se con ritardo. Ora è il turno della Commissione europea, che finora ha causato molti danni e rischia di causarne ancora se non interviene con prontezza. In primis sul Green Deal. Se Alternative für Deutschland ed estremisti simili stanno ottenendo risultati storici, è soprattutto perché l’Europa sta dilapidando il patrimonio industriale europea che noi abbiamo costruito. In tutto questo, la recessione tedesca rischia di essere l’epicentro di un contagio davvero pericoloso, se stiamo fermi».

A rispondere all’appello della presidente di Confindustria Vicenza il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
«Per quanto riguarda il cambiamento climatico, contro il quale siamo tutti impegnati, le nostre azioni devono tenere conto delle difficoltà delle imprese» ha detto Tajani «bisogna insomma avere una visione non ideologica ma pragmatica della lotta al cambiamento, tenendo presente che l’Italia è la seconda manifattura d’Europa e che siamo la quarta potenza commerciale mondiale. L’Europa deve avere una politica industriale flessibile e una politica ambientale che non sia ideologica. Credo che con la nuova commissione le cose stiano cambiando e anche la decisione di Ursula von der Leyen di non concentrare tutto ciò che riguarda l’ambiente nelle mani di un solo commissario, com’era con Timmermans, sia una buona scelta».
E mentre a margine degli interventi campeggia la polemica sull’autonomia, con Tajani a ribadire la propria contrarietà alla delega delle funzioni relative al commercio estero alle regioni, sul palco allestito presso la Vibo Spa di Trissino a Vicenza, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha posto l’accento su un tema strategico: quello della produttività.
«Prima di questa assemblea mi sono confrontato con il ministro dell’Economia Giorgetti» ha detto Orsini. «A lui ho ricordato che il tema strategico è quello della produttività. E per dare una spinta ad un fattore che è strategico ci vuole un piano serio che incentivi gli investimenti».
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