La carica degli under 35 nelle professioni della natura

Il mercato del lavoro li respinge, l’idea di una vita “slow” li attrae. Così i giovani tornano all’agricoltura: sia in Italia che nel Nordest

Da slogan ad antidoto contro la recessione, i giovani cavalcano il ritorno alla terra. Le statistiche certificano un numero crescente d'imprese agricole under 35, in netta controtendenza rispetto allo stock generale delle aziende che continua a ridursi. In tempi di recessione e tassi di disoccupazione al 40% i giovani tornano sui passi dei loro nonni. Chi nell'orto, chi nella stalla. Un trend confermato sia a livello territoriale che nazionale.
In Italia, stando ai dati Infocamere, le imprese attive under 35 sono diminuite nel 2016 del 2,60 per cento, attestandosi a 534.272, al contrario di quelle attive esclusivamente nel settore primario che, cresciute del 5,80 per cento, sono passate da 49.321 del 2015 a 52.184 dell'anno scorso. Un trend che ha cambiato segno dopo anni di decremento. Basti un'occhiata alla serie storica. Nel 2011 erano 61.407 le aziende attive nel settore primario a livello nazionale, calate fino a 49.321 nel 2015, per risalite - l'anno scorso - a 52 mila. Stessa dinamica a Nordest. In Veneto, la crescita messa segno nel 2016 è stata del 5,35 per cento ed ha portato lo stock d’imprese attive nel settore primario a quota 3.289. Meglio ancora ha fatto il Friuli Venezia Giulia, dove il balzo in avanti da un anno all'altro è stato addirittura dell'8,04 per cento, con un totale di 712 imprese agricole under 35. Sono il 5,05 per cento di quelle attive in agricoltura, silvicoltura e pesca, 126 - stando alle elaborazioni dell'Ufficio studi della Cciaa di Udine - aperte ex novo l'anno passato da titolari con meno di trentacinque anni -, il 29,58 per cento delle 426 nuove aperture complessive, che in Veneto sono state ben 2.452, 753 - fonte Coldiretti su dati Psr - con giovani alla guida.
Rifugio dalla disoccupazione
I ragazzi cercano dunque rifugio in agricoltura perché espulsi o direttamente respinti dal mercato del lavoro, ma anche perché nella terra trovano risposta a un desiderio di vita "lenta", rispettosa, silenziosa, irrealizzabile se non a contatto con la natura. Bisogno o filosofia, il risultato non cambia. Il ritorno nei campi è certificato dai numeri. Apprezzato da chi del settore primario si occupa. «L'aumento delle imprese under 35 ha certamente una componente emozionale ma al di là di tutto credo rappresenti un'occasione», afferma Dario Ermacora, presidente di Coldiretti Fvg. «I giovani non trovano lavoro, hanno i due ettari lasciati loro dal nonno e iniziano così: con qualche orticola o un piccolo allevamento. C'è chi inizia da zero e chi invece garantisce il passaggio generazionale, portando in dote all'impresa una ventata di novità, anche in un settore tradizionale come quello agricolo».
L'innovazione passa dal prodotto, dalla sua tipicità e comunicazione. «Pensiamo a una piccola produzione di nicchia. Fino a qualche anno fa», continua Ermacora, «non sarebbe uscita dal Nordest. Oggi invece grazie a internet l'eco dei nostri prodotti può arrivare ovunque e i social network sono uno straordinario strumento di promozione». In mano ce l'hanno i ragazzi, il cui ritorno alla terra è salutato con favore anche dal presidente della Camera di Commercio di Udine, Giovanni Da Pozzo: «Un ritorno», afferma, «che è innovazione ed ha convinto molti giovani a rimettersi in cammino con passione, per un'agricoltura nuova, “smart”, in cui rispetto, recupero, conoscenze e sviluppo vanno a braccetto. Credo che molte novità interessanti arriveranno da qui, senza dubbio da accompagnare con politiche adeguate». Fiscali e non.
Sforzo della politica
In Veneto c'è molta attesa per l'attivazione della Banca della terra, provvedimento regionale che aiuterebbe le nuove generazioni nel primo insediamento (si veda l’articolo a pagina XI). «In molti casi», spiega Martino Cerantola, presidente regionale Coldiretti - non disporre del terreno da coltivare è un ostacolo per tanti futuri imprenditori. Confidiamo in un ulteriore slancio politico affinché chi investe in agricoltura abbia ettari a sufficienza per sperimentare nuove abilità ritrovando pure antichi mestieri». «Proprio per la dimanicità che esprime il settore primario», continua Cerantola, «stiamo operando per una riforma scolastica in grado di tradurre il bisogno formativo di figure come pescatori, bachicoltori, pastori, operatori agricoli, sociali e didattici, agrichef e piloti di droni. Si tratta di profili legati alla multifinzionalità che meritano attenzione: se così non sarà dovremo fare i conti con velocità diverse. Con agricoltori sempre piu tech e un'istruzione ferma a modelli superati».
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