Porto di Trieste, Consalvo: «La mia priorità sono i cantieri del Pnrr»
Il presidente dell’Autorità si presenta alla stampa. Due parole d’ordine: i cantieri e gli investimenti da difendere

Due parole d’ordine: i cantieri e gli investimenti da difendere. Marco Consalvo le ripete come un mantra nella presentazione alla stampa tenutasi mercoledì nella sede dell’Autorità portuale.
Il primo giorno da presidente comincia di mattina presto «con un giro nei cantieri legati agli investimenti del Pnrr su cui non dobbiamo perdere nulla», spiega Consalvo, sottolineando che «tutte le infrastrutture hanno obiettivi validissimi: nei prossimi anni i flussi cresceranno e dobbiamo intercettarli con progetti moderni».
Priorità ai cantieri Pnrr: a parte lo stallo di Servola, c’è qualcosa che la preoccupa?
«Sono molto sereno da quello che ho visto. Il resto lo valuterò nei prossimi giorni andando sul campo, ma ho grande fiducia. Per Servola i fondi sono ancora al ministero: supereremo il blocco dimostrando la validità degli obiettivi e dei benefici. Intanto il rinnovo del Molo VII va avanti molto bene e lavoreremo per sviluppare Molo VIII, terminal ungherese e Noghere. Forse la parte ferroviaria avrà tempi un po’ più lunghi».
Nell’ordine: un porto con delle difficoltà, un’eredità ingombrante, interferenze della politica e uno stipendio peggiore di quello che percepiva al Trieste Airport. Il tutto in un settore in cui deve mettersi a studiare. Chi gliel’ha fatto fare?
«(Sorride) Ho 58 anni e questa esperienza significa rigenerare la testa. Lo stimolo conta più dei soldi: rimettermi in discussione, studiare, assimilare. Ho visto le prime situazioni: non sono spaventato, si può fare. L’eredità non è ingombrante ma sfidante e andremo nella direzione del lavoro di Zeno D’Agostino, ma non ci sono modelli che nel tempo non abbiano bisogno di aggiornamenti».
Quanto tempo le servirà per ambientarsi?
«Lo capirò nelle prossime settimane: devo entrare nei singoli dossier. Ho esperienza di sistemi infrastrutturali e trasportistici complessi. Cambia il mezzo, ma non le logiche. La squadra sarà fondamentale perché non esistono presidenti onniscienti. E la figura del segretario sarà determinante».
Che caratteristiche dovrà avere? La politica offrirà “consigli” o le è stata data libertà di scelta? E quando?
«Datemi il tempo di capire un po’ di cose. Il profilo deve essere complementare al mio. Non ho un nome in testa e non ho ancora avuto un confronto con la politica, ma credo e spero che sia una scelta autonoma».
Nome locale o esterno?
«Non è determinante».
Prima di lei il nome era Gurrieri, poi la Regione ha sondato il presidente di Trieste Airport Marano. Domanda antipatica: non si sente un po’ una seconda scelta?
«No, assolutamente (ride). Sono frutto di circostanze che succedutesi in questo anno e mezzo dopo l’uscita di Zeno. Si è guardato a un profilo tecnico e manageriale, e io ho avuto la fortuna di lavorare in un’infrastruttura cresciuta nel tempo».
Nominato dal centrosinistra all’aeroporto, riconfermato dal centrodestra e poi indicato per l’Adsp: la preparazione tecnica prevale sulle appartenenze?
«Ringrazio il presidente Fedriga per il supporto della Regione, che ho avuto anche in precedenza con la presidente Serracchiani. Sono un tecnico e il percorso lo dimostra».
Il porto è messo male o c’è troppo pessimismo?
«Trieste e Monfalcone sono conosciuti come un sistema importante e hanno una posizione geografica di cerniera fra Mediterraneo ed Europa. Abbiamo fondali e connessioni ferroviarie. Dal Covid in poi il sistema ha mostrato resilienza e capacità di adattamento. Continueremo a essere flessibili e ci adegueremo senza perdere tempo alle trasformazioni in atto. mettendo in sinergia moli, ferrovia e interporti».
Come si fa marketing internazionale per recuperare smalto?
«Dimostrando capacità di investire su infrastrutture che generano valore. Evidenziando i collegamenti del porto col mercato del retroterra. Presentando infrastrutture efficienti e flessibili. Così metteremo alle spalle l’ultimo anno difficile e riacquisteremo credibilità».
Ha lanciato la suggestione del “primo porto green del Mediterraneo”. Cioè?
«Non è uno slogan. L’indipendenza energetica è fondamentale ed è questione di business. Programmare la capacità di autoprodurre energia è un plus nei rapporti con gli operatori. È un’ottima notizia che l’elettrificazione delle banchine sarà conclusa entro marzo 2026, in linea con i tempi, poi vedremo il nodo dell’approvvigionamento. L’altra trasformazione importante sta nel digitale: il sistema è all’avanguardia, ma bisogna digitalizzare gli accessi e semplificarli, oltre a inserire l’Ia nei processi del porto».
Sui varchi gli operatori chiedono attenzione.
«La riconfigurazione degli accessi è prevista ed è fondamentale per evitare colli di bottiglia. Non penseremo solo alle infrastrutture sul mare».
Il corridoio Imec è una prospettiva concreta? La Cina è un partner possibile o è diventata il babau?
«Penso che il boost iniziale arriverà dal trasporto a breve raggio: nel Mediterraneo passa il 20% del traffico globale e noi siamo il porto più settentrionale di questo mare. Penso all’Africa, destinata a diventare un mercato enorme. Intanto speriamo si sblocchi Suez. L’Imec è una prospettiva a lungo termine ma dobbiamo farci trovare pronti. È un’idea geopolitica orientata dagli Usa e molto dipenderà dal sistema Italia. Sulla Cina: è evidente che il quadro internazionale si è stravolto e l’Italia è inserita nel campo occidentale. Parliamo di un mercato già agganciato all’Europa, ma la globalizzazione sta cambiando e dobbiamo capire dove andremo».
La Rotta artica cancellerà il Mediterraneo?
«Tutto da verificare».
Ha in agenda una telefonata a Msc per parlare della crisi dei container?
«Sono in agenda telefonate a tutti».
Sull’autostrada del mare si registrano frizioni: che fare?
«Fra Dfds e Grimaldi c’è un miglioramento. Lavorerò per agevolare il dialogo, mettendo insieme infrastrutture e operatori, evitando le guerre intestine. Così garantiremo sviluppo e competitività. Incontrerò tutti gli operatori e ascolterò le idee e le criticità di questo periodo di vacatio del presidente».
Qual è la soglia di sostenibilità delle crociere in centro?
«Sono per sviluppare le crociere e per la condivisione con la città. Bisogna capire se è possibile spostare le navi in Porto Vecchio a livello di infrastrutture e manovre. Se sarà possibile, perché no, valutando il ritorno degli investimenti».
Nella gestione precedente si è posto grande accento sul ruolo del pubblico. Lei viene dal privato: cambierà l’impostazione?
«Prematuro rispondere, ma le società partecipate hanno contribuito allo sviluppo di questi anni. Dopodiché i modelli vanno sempre aggiornati e inefficienze non ci possono essere».
La politica è immobile sul Porto franco internazionale. È la svolta o solo un totem?
«È un dossier complesso e lo approfondirò in fretta per capire come potrebbe essere usato per attrarre industria».
Cosa dice ai portuali?
«Che il lavoro è fondamentale e ogni pezzo del sistema è determinante. Dimostrerò il mio rispetto con fatti concreti».
Cosa ne pensa del caso Gurrieri?
«Sono un garantista e capisco la difficoltà umana che sta attraversando. Mi auguro che tutto si possa chiudere velocemente e positivamente».
Lei è un manager esperto, che ama poco comunicare all’esterno. I triestini sono abituati a un ruolo pubblico vivace del presidente dell’Autorità. Dobbiamo abituarci a modalità diverse?
«Comunico quando c’è qualcosa da comunicare. Di solito fatti».
Ha dato un’occhiata al testo di riforma dei porti?
«Il progetto deve ancora andare in Consiglio dei ministri e in Parlamento, ma è estremamente strutturato. L’Italia è una piattaforma logistica naturale e non possono esserci regole differenziate da un porto all’altro».
Dica la verità: 550 giorni per scegliere un manager non sono una vergogna?
«Non lo so, ma sono sicuramente un tempo lungo».
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