“Porti d’Italia Spa”, così Roma gestirà le strategie

Nasce la società pubblica che depotenzierà le singole Autorità in materia di opere strategiche, concessioni e gare d’appalto

Diego D'Amelio
Una veduta del porto di Trieste: la riforma degli scali prevede anche una nuova società pubblica (foto Lasorte)
Una veduta del porto di Trieste: la riforma degli scali prevede anche una nuova società pubblica (foto Lasorte)

Si chiamerà Porti d’Italia spa lo strumento con cui il governo intende trasformare il sistema della logistica marittima nazionale. Dopo due anni di dibattiti sulla riforma, ha cominciato a circolare una bozza del disegno di legge che creerà una nuova società di diritto privato, ma a capitale interamente pubblico, che centralizzerà molte funzioni in mano alle Autorità portuali. L’ente elaborerà indirizzi strategici generali e specifici, gestirà il rilascio delle concessioni, sceglierà le infrastrutture da costruire e ne seguirà i cantieri. L’impostazione centralista è disegnata dal ministero dei Trasporti retto dalla Lega autonomista e non finisce qui: il Mit chiede infatti di dire la sua sulla nomina dei segretari generali e avrà propri rappresentanti nei comitati di gestione delle Adsp.

La bozza

Ventinove articoli in cinquanta pagine sono la prima versione della riforma, che ridefinisce i rapporti fra Stato e Autorità portuali su investimenti, opere e autorizzazioni. Porti d’Italia eserciterà infatti un controllo diretto sulla pianificazione volto a evitare sovrapposizioni fra scali e funzioni. Il testo è stato affidato alle cure del viceministro Edoardo Rixi e il ministro Matteo Salvini ha avuto modo di spiegarne la ratio nei giorni scorsi: «Configurare una rete portuale nazionale che superi le frammentazioni, semplificare le procedure burocratiche dei piani regolatori e rilanciare una visione integrata per gli investimenti».

La società

Porti d’Italia partirà con un capitale da 500 milioni, una dotazione annuale minima di 197 milioni e un organigramma fino a 150 dipendenti. I soldi li mette il ministero dell’Economia, che nel cda della società nominerà due membri, cui si affiancheranno due rappresentanti del Mit e uno della Presidenza del Consiglio. Il presidente spetterà al Mef e l’amministratore delegato al Mit. Non sarà una super Autorità, ma una spa, sebbene senza partecipazione di altre società, come si era pensato inizialmente sul modello dell’Enav in ambito aeroportuale.

Le funzioni

Al nuovo soggetto spetterà coordinare le 16 Adsp nazionali. Il testo provvisorio affastella un numero importante di funzioni di peso rilevantissimo, a cominciare dall’individuazione delle infrastrutture marittime e intermodali da realizzare in via prioritaria, che saranno indicate in un decreto entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e che non saranno assoggettate a procedure di valutazione ambientale strategica Vas. Tra le altre responsabilità: promozione della “Rete italiana della portualità”; gestione delle concessioni di durata almeno ventennale; dragaggi e manutenzioni; gare d’appalto; espropri, progettazione, vigilanza su cantieri e aspetti finanziari (con possibilità di nominare commissari ad acta) fino al collaudo.

Fuori dall’Italia

La seconda gamba è la proiezione all’estero. Non solo marketing e promozione. La società potrà agire in Italia e a livello internazionale come un soggetto di mercato a tutti gli effetti. E quindi fare consulenze e progettazione, nonché realizzare opere marittime e intermodali. Sembrano al momento escluse partecipazioni societarie in porti esteri, come si era pensato inizialmente.

L’accentramento

Il peso di Porti d’Italia si evince dal passaggio della bozza in cui si dice che la nuova società dovrà stipulare una convenzione quinquennale con la Conferenza dei presidenti delle Adsp (che di fatto viene svuotata di ogni potere) e firmare un’intesa specifica con ciascuna delle 16 Autorità entro 90 giorni dalla promulgazione della legge. Dentro vi saranno indicati gli aspetti di rilevanza strategica e le opere da realizzare. E questo punta un faro su Trieste, dove il grande progetto di Servola è al momento stralciato dal Fondo complementare del Pnrr: la grande stazione sarà uno dei primi dossier nelle strategie pianificatorie di Roma.

Altro aspetto di rilievo è la possibilità di accorpare due Autorità in caso di traffici insufficienti e cancellare quelle che presenteranno bilanci in rosso per due esercizi su tre. Dal 2027, inoltre, parte delle risorse delle Adsp sarà girata alla spa per coprire investimenti e costi di funzionamento.

Le nomine

Roma avoca insomma la regia tecnica sulla portualità e lo fa anche in modo plastico: il Mit inserirà infatti un proprio nominato nei comitati di gestione delle Autorità, finora composti da presidente, comandante della Capitaneria e rappresentanti di Regione e Comune. Un tecnico di Porti d’Italia presenzierà a sua volta ai comitati, votando nelle decisioni relative a opere infrastrutturali. La bozza stabilisce inoltre che il presidente dell’Autorità debba incassare il parere preliminare del Mit sul nome del segretario generale, che sarà poi votato dal comitato di gestione: viene meno il concetto di nomina fiduciaria del presidente. Un passaggio che dovrebbe riguardare la prossima tornata di nomine, nella speranza che queste avvengano prima della promulgazione della legge.

I tempi

Il testo è pronto dopo due anni di gestazione e dal Mit fanno sapere che arriverà alle Camere sotto forma di disegno di legge. Rixi spiega che «la riforma è alla Ragioneria dello Stato in via di bollinatura. Dopodiché, la cosa che stiamo aspettando è il via libera per poterla inserire nel Pnrr l’anno prossimo, in modo di avere la certezza che si chiuda in tempi certi». Ovvero entro giugno 2026, data ultima per approvare le riforme connesse al Pnrr.

Rixi assicura che non si vuole «togliere autonomia alle Autorità» ma «mettere regole uguali per tutti». Le Adsp verranno tuttavia private di prerogative fondamentali e sarà dunque basilare capire a chi verrà affidata la nuova spa. L’idea dell’ente centrale deve non poco ai suggerimenti di Zeno D’Agostino ed è stato a lungo ritenuto la destinazione ideale del manager dopo l’uscita da Trieste. Ma oggi D’Agostino lavora nel privato e sembra improbabile che possa e voglia mettersi alla testa dei porti nazionali. —

 

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