Autostrade, gli aumenti di fine anno. La stangata colpisce anche il Nord Est
Ritocchi dell’1,5% per A4, Cav e Aspi. Adeguamento dell’1,46% per l’A22 del Brennero. Nessuna variazione per Alto Adriatico

Il nuovo anno si apre con una pessima notizia per automobilisti e autotrasportatori. Dal primo gennaio scatterà infatti un adeguamento tariffario medio dell’1,5% per tutte le concessionarie per le quali è in corso l’aggiornamento dei Piani economico-finanziari e il Nord Est risulta tra le aree maggiormente coinvolte.
Una misura che interessa direttamente assi strategici per la mobilità e per l’economia nordorientale, come la A4 Brescia-Padova, le tratte gestite da Autostrade per l’Italia (la A13 Padova-Bologna, la A27 Venezia-Belluno e la A23 Udine-Tarvisio), la Cav che gestisce la tratta Padova-Venezia e le infrastrutture dell’Alto Adriatico, oltre al corridoio dell’A22 del Brennero, snodo chiave con l’Europa centrale.

Il prospetto diffuso dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiarisce che l’1,5% rappresenta la fascia “standard” degli aumenti 2026. In questa categoria rientra una platea molto ampia di concessioni, comprese proprio quelle più rilevanti per il Nord Est, dove l’incremento dei pedaggi si riflette su flussi di traffico già intensi e su un sistema produttivo fortemente orientato all’export. Per l’Autostrada del Brennero è previsto un adeguamento leggermente inferiore, pari all’1,46%, in un contesto particolare legato alla concessione scaduta e alla procedura di riaffidamento ancora in corso.
Non mancano le eccezioni, come la Alto Adriatico che non prevede variazioni tariffarie. Inoltre per alcune società in vigenza di periodo regolatorio, come Concessioni del Tirreno, Ivrea-Torino-Piacenza e Strada dei Parchi, non sono previste variazioni tariffarie. All’estremo opposto si colloca la Salerno-Pompei-Napoli, per la quale è riconosciuto l’incremento più elevato, pari all’1,925%, in base al Piano economico-finanziario vigente.
Sul piano politico, la questione ha acceso la polemica. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha rivendicato il tentativo del governo di congelare gli aumenti in attesa della definizione dei nuovi Pef regolatori. Tentativo che, secondo una nota del Mit, è stato però vanificato dalla pronuncia della Corte Costituzionale. «La sentenza contraria della Corte Costituzionale ha vanificato lo sforzo del ministro e dello stesso governo di congelare le tariffe», sottolinea il dicastero, aggiungendo che, alla luce delle decisioni della Consulta e dell’Autorità di regolazione dei trasporti, il ministero «non può più intervenire».
La sentenza chiave è la numero 147, depositata nell’ottobre scorso. Con questa pronuncia, la Corte ha stabilito che le norme che avevano rinviato gli adeguamenti dei pedaggi per gli anni 2020, 2021, 2022 e 2023, in attesa dell’aggiornamento dei Piani economico-finanziari, sono costituzionalmente illegittime perché in contrasto con gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione. In particolare, sono stati censurati gli articoli che avevano disposto il rinvio degli aumenti per il 2020 e il 2021, ritenendo illegittimi anche gli stop per il biennio successivo.
La Consulta ha dunque accolto il ricorso del Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di una concessionaria contro due note del Mit che non avevano riconosciuto gli adeguamenti tariffari. Secondo la società ricorrente, quei mancati aumenti avevano leso la libertà di impresa e l’utilità sociale, compromettendo la continuità dell’azione amministrativa. La Corte ha quindi dato ragione a questa impostazione, ricostruendo al tempo stesso il quadro normativo che attribuisce all’Autorità di regolazione dei trasporti la competenza sui criteri tariffari e sugli aggiornamenti delle convenzioni.
Nel ragionamento dei giudici costituzionali, i governi avevano strumenti alternativi per intervenire senza ricorrere a rinvii generalizzati. In gioco, ha avvertito la Consulta, ci sono conseguenze rilevanti per l’efficienza e la sicurezza della rete autostradale, che richiede manutenzione e investimenti programmati. Un richiamo che pesa in modo particolare sul Nord Est, dove le autostrade restano un’infrastruttura essenziale per la competitività dell’intero sistema economico. —
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