Alta velocità con il freno tirato a Nord Est: l’inchiesta

Non si sa ancora come uscirà da Vicenza il quadruplicamento dei binari. Tra Venezia e Trieste e tra Padova e Bologna non ci sarà l’aumento delle linee

Renzo MazzaroRenzo Mazzaro

Chissà perché alta velocità fa venire in mente solo treni di lusso, gente riverita, lontana destinazione, come cantava Guccini: non viaggeranno tra velluti e ori, ma è sempre il treno dei signori. Cosa c’entrano quelli del magro giorno e la gente attorno, insomma il resto del mondo che paga le tasse per rendere possibile questa operazione? È duro rimontare i luoghi comuni, soprattutto se partiamo dalla “Locomotiva”, ma l’alta velocità così percepita è una reminiscenza di gioventù.

Esiste solo nella fantasia dei cantautori, dove gli eroi sono tutti giovani e belli. Con l’alta velocità di oggi volenti o nolenti c’entriamo tutti e non solo perché paghiamo le tasse. C’entrano anche quelli che il “treno dei signori” non lo prenderanno mai perché viaggiano solo su tratte locali con l’abbonamento o il biglietto scontato. Anzi, proprio loro ne dovrebbero beneficiare per primi.

Un aspetto taciuto dalla narrazione consueta sull’alta velocità, che invece vogliamo approfondire, è un effetto indotto ma non secondario del quadruplicamento dei binari. Oggi il transito sulla rete ferroviaria è misto e la precedenza va ai treni che si muovono su grandi distanze. Il traffico locale finisce in coda, è la Cenerentola del sistema, porta il peso di tutti i ritardi per sovraffollamento delle linee.

Il quadruplicamento dovrebbe mettere fine a questi contraccolpi, separando i due flussi: treni veloci su linee dedicate, traffico locale sulla rete storica, senza più intrusioni. Il risultato sarà che sull’orario dei treni potremo regolare l’orologio, come a Venezia dicono che si può fare con i vaporetti.

Forse non sarà così, forse non è vero neanche a Venezia, ma c’è chi ci crede. «Differenziare il traffico in funzione delle diverse esigenze, questo è il grande vantaggio dell’alta velocità», sostiene per esempio Franco Miller, un imprenditore veronese che dal 2009 al 2022 ha seguito il progetto a nome di Confindustria Veneto.

«I pendolari saranno liberati dall’incubo dei ritardi, il traffico regionale e locale avrà due binari a completa disposizione, il che significa fornire agli utenti veneti un trasporto efficientissimo».

Miller non spartisce i dividendi con le ferrovie, la sua azienda produce serrature di sicurezza e se la passa piuttosto bene: ha una filiale a Madrid e un’altra negli Stati Uniti, oltre ad un accordo di partecipazione con una multinazionale svedese che è il più grosso costruttore di casseforti al mondo. È stato tra i fondatori dell’Osservatorio territoriale infrastrutture (Oti) del nord Italia e con Transpadana, ente che ha presieduto, si è occupato della rete in tutta la penisola. Aveva ottimi contatti con i francesi, in compenso parla malissimo dell’ex ministro Danilo Toninelli che nel primo governo Conte (2018-19) tenne bloccate le tratte dell’alta velocità Brescia-Verona e Verona-Padova, già finanziate con 3 miliardi dal governo Renzi. Con il pretesto, dice lui, di riesaminare la fattibilità e la convenienza economica che invece c’erano già.

A suo modo Miller è un visionario: vede sfrecciare nel Veneto treni passeggeri a 320 chilometri l’ora di giorno e treni merci di notte a 160, su vagoni speciali per non danneggiare i binari: «All’interporto di Verona li abbiamo già, questi vagoni, quelli attuali verranno dismessi. Le merci passeranno da gomma a rotaia, l’alta capacità trasporterà i Tir, succede già ora. Riusciremo a sfruttare il treno nelle sue modalità migliori. Sarà una trasformazione epocale, che farà fare un salto all’efficienza di tutto il Paese».

Questo sogno italiano è in realtà un progetto europeo nato tra il 1990 e il 1991 con la rete Ten T che identificava le grandi direttrici di trasporto del continente, poi definite “Corridoi prioritari”. Il Corridoio Mediterraneo dell’alta velocità e alta capacità ferroviaria si chiamava Corridoio 5 quando nel luglio 1995 il Consiglio regionale del Veneto lo adottò. Presidente della commissione trasporti era Renato Chisso, tra i componenti sedeva Ivo Rossi, allora consigliere regionale dei Verdi che se ne ricorda bene perché il suo gruppo commissionò un contro studio sull’alta capacità. Sono stati i Verdi a introdurre nelle carte regionali questo termine, che integra il quadro quando l’alta velocità non si raggiunge.

Fonte ufficiale sui lavori lungo il Corridoio Mediterraneo è oggi il rapporto annuale che Oti Nord pubblica dal 2021. La parte veneto-friulana è aggiornata dalla Fondazione nordest. Con Gianmaria Toschi, consulente della Fondazione, esaminiamo il rapporto 2024 uscito lo scorso gennaio. È un plico di 140 pagine che illustra stati di avanzamento, finanziamenti, criticità e ritardi di tutte le infrastrutture del nord Italia. Ma ha un difetto: si limita a questo. La fonte ufficiale ha bisogno di integrazioni sul campo e quello che viene fuori non sarà un incubo ma ridimensiona drasticamente il sogno.

Trent’anni dopo quel luglio 1995 non si sa ancora come il quadruplicamento dei binari uscirà da Vicenza verso Padova. A Grisignano bisognerà spostare 4 chilometri di autostrada perché il progetto preliminare approvato dal Cipe non teneva conto dell’altezza delle gallerie esistenti. Il progetto definitivo del tratto Vicenza-Padova sarà consegnato a giugno ma serviranno due anni per i permessi, altri cinque per l’ingegnerizzazione, cantieri nel 2032, fine lavori 2037: non il 2032 del ministro Salvini e neanche il 2035 dell’assessora regionale Elisa De Berti. Sull’attraversamento di Padova, da Corso Australia alla stazione, è notte fonda. La progettazione è in corso da parte delle Ferrovie che tengono all’oscuro anche l’amministrazione comunale. I comitati popolari che cercano notizie sugli espropri non hanno interlocutori. L’unica cosa su cui si può scommettere è che la stazione non sarà interrata, come vorrebbero molti.

Tra Venezia e Trieste il quadruplicamento non è previsto, come non è previsto tra Padova e Bologna. Non c’è bisogno di un ferroviere anarchico che lanci una locomotiva contro “il treno dei signori”: l’alta velocità rischia di fermarsi da sola. 

(1 – continua)

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