Industria agroalimentare una grande galassia che guarda oltreconfine ed è alla ricerca di leader

Molti i gruppi di successo in Italia e all’estero, ma manca un player europeo Nel vino il Veneto guida il settore a livello nazionale contro i giganti francesi

L’agroalimentare del Nordest è una delle punte di diamante dell’economia nazionale. Variegato sul versante delle produzioni, con molti campioni. Alcuni che si stanno muovendo in maniera aggressiva e aggregante sul mercato anche se non ci sono campioni europei del comparto food&beverage, se si esclude il gigante dell’acqua e delle bibite Gruppo San Benedetto.

Campioni cercansi

Gruppo Rana e Bauli, negli anni, si sono mossi in maniera battagliera sul mercato, hanno fatto diverse acquisizioni.

I veronesi del tortellino hanno sviluppato sotto l’impulso di Gian Luca Rana (figlio del più noto volto degli spot Giovanni) la crescita all’estero che ha portato ad un quasi raddoppio del volume d’affari. Recentemente hanno sfilato alla rivale di sempre Buitoni lo stabilimento di Moretta, con un preciso disegno di rilancio. Mentre Bauli ha da tempo destagionalizzato il business con l’acquisizione di Doria e prima ancora Fbf nella croissanterie, ormai 15 anni fa, e recentemente con Alpipan ha allargato la gamma nel comparto gluten freee. Ma in generale il Nordest non esprime un grande gruppo aggregante come può essere la Granarolo nel comparto del latte, o la Ferrero in quello del settore “dolce” e merendine, o ancora la Barilla nel mondo della pasta e dei panificati o Lavazza nel caffè.

I re del vino italiano

Discorso a parte merita invece un settore in cui, il Veneto in particolare e il Triveneto in generale, esprimono una leadership nazionale indiscussa: il vino. Settore che interessa, versante distribuzione, anche un grande conoscitore del mondo retail come Sandro Veronesi che infatti si è gettato nell’avventura della catena Signorvino, una sorta di Eataly di più piccole dimensioni ma focalizzata solo nel segmento wine.



Nel mondo vitivinicolo, come dimostra la recente analisi dell’Ufficio Studi di Mediobanca, nella top 10 ci sono diversi nordestini. Al vertice le Cantine Riunite-GIV con 615 milioni di fatturato, poi altri noti gruppi extra nordest come Caviro (330 milioni), Antinori (230 mln, +4,5%), Fratelli Martini a 220 milioni di euro. Dopo di loro, al quinto posto si piazza Zonin a 202 milioni di euro, al settimo ci sono i trentini Cavit (190 milioni), Mezzacorona (188 milioni) e ancora i veneti Enoitalia (182 milioni) e Santa Margherita di un ramo della famiglia Marzotto (177 milioni). E più lontano in graduatoria, ma che merita una menzione a parte, c’è Villa Sandi della famiglia Polegato che si sta consolidando ed ha recentemente acquisto Borgo Conventi e viaggia leggermente sotto i 90 milioni di fatturato. Tutte queste cifre servono però solo per provare che nonostante la grande varietà e qualità dei vini nordestini e delle aziende, quello del wine resta un settore che si misura su scala mondiale. Non esiste nel contesto internazionale un player capace di misurarsi, per esempio, con la divisione vini di Lvmh che da sola ha una cubatura di 5,1 miliardi di euro e una miriade di etichette.

I dati

Secondo le analisi di Federalimentare il Veneto da solo pesa sull’export italiano il 16,98%. Il Nordest fattura all’estero 8,08 miliardi. Con 5,8 miliardi di export il Veneto è fra le quattro regioni con le quote export in assoluto più elevate, dopo la Lombardia (6,1 miliardi) e prima dell’Emilia Romagna (5,6 miliardi) e del Piemonte (5,5 miliardi).

Il trend di espansione dell’export dell’industria alimentare veneto è stato tuttavia modesto (+1,9%) rispetto al +3,4% del Paese. Da sottolineare invece, dice la federazione di categoria, il peso delle bevande (essenzialmente vini) sull’export, che è stato pari al 43, 2%. Meno consistenti invece i contributi delle altre regioni, il Trentino-Alt Adige è nel complesso al 4,28% dell’export totale italiano e il Friuli Venezia Giulia al 2,23%, secondo le elaborazione di Confindustria Federalimentare. Il Veneto è infine una delle regioni, dietro a Lombardia e Emilia Romagna, con il peso più elevato di occupati nel comparto alimentare, nella fascia più bassa invece dell’incidenza occupazionale ci sono Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Il comparto alimentare nel suo complesso fattura 133 miliardi di euro, manifesta una dinamica di crescita più forte del manifatturiero, è stato più impermeabile alla crisi del 2007-2009. In generale, spiega ancora nel suo rapporto Federalimentare, l’industria italiana è al secondo posto, dopo la Francia, per numero di imprese, al terzo (dopo Francia e Germania) per numero di occupati e quinto (dopo Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) per valore aggiunto generato. In generale, l’industria alimentare si inquadra come primo employer in circa la metà degli Stati membri e rientra tra i primi tre settori del manifatturiero per turnover in tutti gli Stati.—




 

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