Inchiesta bis su Bpvi: quando i manager chiesero mano libera su 500 milioni

VICENZA. L’inchiesta-bis per bancarotta della procura di Vicenza sul crac della ex Popolare di Vicenza ruota attorno a una domanda. Come ha fatto BpVi a trovarsi con un buco di quasi 4 miliardi di euro? I pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, che stanno coordinando il lavoro dei finanzieri del colonnello Crescenzo Sciaraffa, hanno puntato i fari su una lunga serie di operazioni.
Ma su tutte c’è quella che prende avvio da un plafond di 500 milioni di euro con cui il management aveva chiesto al cda l’autorizzazione di avere le mani libere per iniziare una serie di contrattazioni e investimenti. Tra questi quelli che riguardavano i fondi esteri Optimum e Athena.
Impieghi che l’ad Francesco Iorio, arrivato dopo l’allontanamento dell’ex dg Samuele Sorato, in un esposto depositato in procura nell’estate 2015 definiva “operazioni opache” e sui cui ora i due sostituti procuratori stanno indagando. Nei fondi esteri i vertici di BpVi avevano deciso di investire, in più tranche, 350 milioni di euro. Maxi somme di denaro che in qualche modo sono finite a clienti già indebitati con la banca e che spesso, a loro volta, hanno poi investito nelle stesse azioni dell’istituto di credito. Insomma ulteriore linfa per nuove operazioni baciate.
Il fondo lussemburghese Optimum (Multistrtegy I e II), specializzato nel mercato immobiliare, venne contattato da BpVi nel 2011 e qualche mese dopo, nel febbraio 2012, è arrivata la firma sulla delibera (inviata dalla divisione Finanza della banca con l’avallo dell’allora dg Sorato) del consiglio di amministrazione che autorizzava la costituzione del plafond fino a 500 milioni di euro da destinare, appunto, all’acquisto di fondi. Di fatto i manager hanno ottenuto mani libere su come realizzare e gestire le operazioni “estere”. Con Optimum (Multistrategy I e II) furono investiti 250 milioni di euro mentre altri 100 milioni erano stati stanziati per l’acquisto di un altro fondo: Athena.
Un’operazione altamente rischiosa specie per una banca popolare che alla fine infatti causò una perdita di 165 milioni di euro. I soldi della banca erano stati utilizzati in tre comparti maltesi, uno destinato a finanziare società quotate con mini bond. Fra quelle che vi avevano beneficiato una serie di gruppi già pesantemente indebitati con BpVi, come Marchini, Degennaro e Fusillo. In base a quanto sta emergendo e alla conferme che procura e Finanza starebbero raccogliendo, però, della partita legata ai fondi esteri l’ex presidente Zonin sarebbe stato tenuto all’oscuro dal management. E quindi, almeno su questo punto specifico, c’è da pensare che pure il cda, nonostante la firma sulla delibera che ha dato via libera allo speciale plafond, sapesse ben poco. In primis su come i capi della sezione Finanza avessero deciso di impiegare le maxi somme.
Nel corso del primo filone d’inchiesta, quello che ora è sfociato nel processo aperto contro sei degli ex vertici compresa la stessa BpVi, i responsabili di Optimum erano stati ascoltati dai pm e avevano poi integrato la loro deposizione anche con una memoria in cui avevano ribadito l’assoluta trasparenza con cui avevano operato. Spiegando che «non sapevamo, né potevamo sapere che le società finanziate avessero rapporti con Banca popolare di Vicenza». In questi mesi Optimum sta continuando a cercare di rientrare delle somme tramite operazioni di recupero. —
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