In affanno l’industria del Fvg. «Ora un patto per la competitività»

La mappa di Fim Cisl sulle crisi: 149 aziende con 16 mila addetti hanno attivato ammortizzatori sociali

Laura Venerus

Le sfide attuali che coinvolgono l’industria regionale e nazionale sono state al centro dell’incontro organizzato ieri a Pordenone dalla Fim Cisl Friuli Venezia Giulia sul tema “L’industria Fvg tra geopolitica e grandi transizioni”: scenari in evoluzione, transizioni ecologiche, intelligenza artificiale sono argomenti non più procrastinabili e che devono trovare il sistema produttivo regionale e nazionale pronto, per non perdere terreno e competitività. In questo senso, dai dati emerge che in regione sono 149 le aziende che hanno fatto richiesta di ammortizzatori sociali. Si tratta soprattutto di cassa integrazione ordinaria, per 15 mila 840 addetti. Le difficoltà si concentrano soprattutto sul territorio di Pordenone, con 77 aziende che hanno attivato gli ammortizzatori, a seguire il territorio di Udine e dell’Alto Friuli con 47, Trieste e Gorizia con 22. Quanto ai settori, a soffrire di più sia per aziende che per lavoratori interessati è la metalmeccanica (63 aziende e 8 mila 928 addetti), seguita a distanza dal comparto legno (24 aziende per 2mila775 lavoratori). «Urge correre ai ripari e introdurre una serie di misure che possano portare maggiore competitività del territorio», è la richiesta avanzata dal segretario regionale Cisl Cristiano Pizzo. Tra queste, dal punto di vista infrastrutturale, migliori collegamenti e un adeguamento dal punto di vista della digitalizzazione, con una situazione attuale che vede poco più di due aziende su cinque accedere a internet veloce. Altro punto critico, l’innovazione e ricerca che risultano spesso scollegate dal contesto e dalle necessità del territorio, dei lavoratori e dei cittadini.

A ciò vanno aggiunti una pubblica amministrazione che va ulteriormente velocizzata per reggere la competizione con le confinanti Austria e Slovenia, un fabbisogno di elettricità ancora dipendente per il 47% da fonti fossili, uno sviluppo industriale fermo per quanto riguarda 180 complessi produttivi, degradati, da riqualificare o non utilizzati e concentrati prevalentemente sul territorio udinese. «Il nostro sistema economico – ha affermato il segretario Cisl Pizzo - continua a dare segnali di vitalità, contando anche sulla presenza di multinazionali estere che fanno sì che la regione sia terza in Italia per unità locali insediate e la seconda per addetti coinvolti e un tasso di occupazione del 68,7 per cento sostanzialmente buono. Tuttavia, non mancano i motivi di preoccupazione dovuti, da una parte, alle difficoltà registrate nel comparto dell’industria, con meno cinquemila occupati, e dall’altra all’urgenza di rendere più competitivi alcuni di quegli elementi determinanti per attrarre investimenti e lavoro in regione, a partire dalla digitalizzazione, dal rapporto tra ricerca e fabbisogni e dal sistema della pubblica amministrazione».

Da un punto di vista generale, la situazione nazionale (ma che si riscontra anche in Friuli Venezia Giulia) l’ha delineata Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl. «Nel nostro report di giugno – ha riferito – si riscontra una crescita dei lavoratori collocati in processi di ammortizzatori sociali da 83.817 lavoratori di sei mesi fa ai 103.451 di oggi. Questo segnale di difficoltà lo riscontriamo in particolare nell’elettrodomestico, nell’industria automobilistica, nella siderurgia e nella termomeccanica. È importante interrogarsi, e in una regione di confine come il Friuli Venezia Giulia ancor di più, sulle catene produttive, sulla necessità di accorciarle e di coglierne gli elementi di vantaggio. Come metalmeccanici abbiamo messo in campo mobilitazioni e sottoscritto documenti anche con le parti datoriali per richiedere al Governo politiche industriali che governino e sostengano imprese e lavoratori più coinvolti nelle transizioni. Tutto questo necessita di un sostegno di carattere pubblico che investa su una strategia che punti a finanziare investimenti in tecnologie e in competenze dei lavoratori».

Nasce anche in regione la necessità di stringere un patto fondato sulla competitività, come sollecitato nel dibattito intercorso con il direttore di Oikonova Giuseppe Sabella. «A partire da questo tavolo regionale – ha dichiarato Pizzo –auspichiamo che la Regione predisponga un grande piano di intervento, anche economico, a sostegno del patto tra organizzazioni sindacali, confindustrie, consorzi e i rappresentanti dei datori di lavoro. Un patto che parli anche di valorizzazione del lavoro e funga da base per relazioni sindacali forti e partecipative». —

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